ARTICOLI e CITAZIONI SUL COUNSELING E NON SOLO

IL  COUNSELING
Il counseling è una professione non organizzata, ovvero priva di una legge istitutiva e di un ordine professionale. A seguito del varo da parte del parlamento della legge 14 gennaio 2013, n. 4, "in materia di professioni non organizzate" il counseling è stato inserito tra le professioni intellettuali.
La normativa lascia al singolo professionista la facoltà di qualificarsi professionalmente intraprendendo un percorso di certificazione professionale presso un'associazione professionale di categoria o attraverso la cosiddetta autoregolamentazione volontaria.
Con una nota del 24 marzo 2014 il Ministero della Salute, su richiesta del Ministero dello Sviluppo Economico, ha chiarito che l'attività di counseling non interferisce con le attività riservate per Legge agli esercenti le professioni sanitarie.
http://it.wikipedia.org/wiki/Counseling

Il Counseling relazionale è una attività professionale finalizzata al miglioramento del benessere relazionale delle persone e conseguentemente ad una loro più elevata qualità di vita. Tale attività si esplica attraverso un rapporto interattivo fra Counselor e Cliente volto, attraverso appropriate conoscenze teoriche e metodologie olistiche, ad aiutare quest’ultimo a sviluppare la propria consapevolezza interpersonale e le risorse e abilità comunicativo-relazionali, così da gestire in modo efficace e in accordo col proprio percorso di crescita personale o lavorativa, la comunicazione e le relazioni interpersonali nonché le connesse dinamiche conflittuali.
https://www.ancore.org/counseling/il-counseling-relazionale.html

Counseling: un po' di storia
http://www.counseling-bioenergetica.it/counseling-un-po-di-storia/
Dagli Stati Uniti all'Europa
La prima attestazione dell'uso del termine counseling per indicare un'attività rivolta a problemi sociali o psicologici risale al 1908, da parte di Frank Parsons (1). E fin dai primi anni del Novecento negli Stati Uniti il termine viene anche usato per definire l'attività di orientamento professionale rivolta ai soldati che rientrano dalla guerra e che necessitano di una ricollocazione nel mondo del lavoro.

Lo sviluppo del counseling negli Stati Uniti avviene poi in determinati ambiti: come l'orientamento scolastico rivolto agli studenti al termine delle scuole superiori, quello professionale rivolto prevalentemente a ex lavoratori che necessitano di una nuova collocazione, o ancora l'assistenza sociale e infermieristica. Tale sviluppo viene influenzato da varie correnti culturali e di pensiero, alcune antecedenti di parecchio la sua nascita ufficiale: non solo le psicoterapie comportamentista e psicoanalitica, ma soprattutto quelle a orientamento umanistico-esistenziale, con il sostanziale contributo dei movimenti olistici finalizzati alla prevenzione dei problemi psicologici e basati sull'abbandono dei modelli centrati sulla psicopatologia in favore di criteri orientati alla salute e alla prevenzione psichica.

Il primo programma, varato negli Stati Uniti nel 1885 dal movimento di orientamento e guida professionale e teso a indirizzare e ottimizzare le scelte di chi termina le scuole superiori, riscuote un tale successo da stimolare una serie di cambiamenti normativi a supporto della pratica dell’orientamento. Sempre tra i prodromi del counseling possiamo citare i test di abilità mentale sviluppati fin dal 1917 per valutare l’idoneità dei soldati impegnati nella prima guerra mondiale, o i primi test attitudinali, dal 1920, per misurare i reali interessi professionali. È nei primi anni Cinquanta che si assiste invece al tentativo di spiegare i processi di sviluppo e di gestione della carriera e le modalità con cui gli individui prendono una certa direzione piuttosto che un'altra, per giungere poi a studiare i meccanismi decisionali: ed è appunto in questo ambito che comincia ad affermarsi un primo utilizzo del counseling in senso moderno.

Grazie allo sviluppo delle teorie della personalità promosse dalla ricerca psicoanalitica e più in generale psicoterapeutica il counseling diventa un intervento sempre più rivolto ai problemi personali e sociali. Ma è con la psicologia umanistico-esistenziale, e in particolare con autori come Carl Rogers e Rollo May (2), che si sviluppa questo tipo specifico di relazione d'aiuto. Se infatti fino a quel momento i paradigmi e le tecniche applicate in psicoterapia fanno riferimento soprattutto al modello psicoanalitico e a quello comportamentista, cominciano a farsi strada temi cari all'esistenzialismo, come la libertà di scelta, l'importanza del dialogo Io-Tu, l'impegno del singolo, la responsabilità, la necessità di riportare l'individuo al centro del proprio mondo riconoscendogli potenzialità di autodeterminazione, crescita e trasformazione

Nel frattempo, sempre negli Stati Uniti, nel 1946 nasce la Division of Counseling and Guidance dell'American Psychological Association, (APA), che nel 1951 diventa Division of Counseling Psychology. Tale divisione organizza tra il 1949 e il 1987 quattro congressi rimasti di fondamentale importanza nella definizione di che cos'è il counseling, della sua formazione e della sua pratica negli Usa. Sempre nel 1951 si costituisce l'American Personnel and Guidance Association, che l'anno dopo diventa American Association of Counseling and Development (3).

Nel 1963, all'insegna del motto "prevenire è meglio che curare", vengono sanciti per legge (4) il principio e la necessità di riorganizzare territorialmente i servizi psichiatrici, per poter prevenire i problemi psicologici non solo negli ospedali, ma anche nei centri di igiene mentale delle piccole comunità. Avendo ormai capito che i fattori ambientali influenzano il comportamento e che un intervento a livello comunitario può aiutare sia il singolo sia la società nel suo complesso, i problemi di salute mentale vengono messi in relazione con elementi di stress sociale, come la povertà o il razzismo. Il vantaggio dei nuovi centri, che offrono una serie di servizi e sono facilmente accessibili da parte dei residenti di una certa zona, è di poter essere sostenuti all'interno della propria comunità, ma soprattutto di sottolineare l'importanza della prevenzione.

Si passa dunque a poco a poco da un modello centrato sulla malattia a uno orientato alla salute dell'individuo, portando negli anni Settanta allo sviluppo della cosiddetta "psicologia del benessere", fondata su una concezione evolutiva e sostanzialmente positiva dell'essere umano, con l'obiettivo di migliorare la qualità della vita e di accrescere la competenza della società in relazione alla salute. Il concetto di crisi perde parte della valenza negativa o quantomeno problematica e ci si focalizza maggiormente su quella di "transizione" o passaggio, come alternativa possibile e occasione di cambiamento (5).

La professione del counselor approda in Europa alla fine degli anni Cinquanta attraverso la Gran Bretagna, ed è proprio questo Paese che può rappresentare un utile riferimento per un confronto con la situazione italiana. Il counseling all'epoca viene utilizzato soprattutto all'interno di ambulatori, consultori e centri giovanili, anche se già  fin dagli anni Venti e Trenta ne esistevano esempi nel sistema della pubblica istruzione, soprattutto come orientamento scolastico nei college, e del volontariato.

È solo negli anni Settanta che nascono le prime associazioni per la gestione della professione: nel 1971 viene istituito a Londra lo Standing Council for the Advancement of Counseling (SCAC), che riunisce organizzazioni di volontariato, enti statali e organizzazioni professionali in una sorta di forum per la condivisione di informazioni e contatti. Nel giro di pochi anni viene pubblicato un primo elenco di servizi locali e documenti con le norme etiche sul counseling e nel 1976 lo SCAC si trasforma in British Association for Counseling (BAC), introducendo criteri di formazione e accreditamento per rendere il counseling sempre più professionale. Nel 2000 la BAC è diventata BACP (British Association for Counseling and Psychotherapy), arrivando così a distinguere con maggiore chiarezza gli ambiti delle due professioni: il cambio di nome riconosce che il counselor e gli psicoterapeuti desiderano appartenere a una professione unica, che possa incontrare la comunanza di interessi degli uni e degli altri.

Il numero dei counselor iscritti alla BAC e poi alla BACP è cresciuto esponenzialmente: dai 1.000 del 1977 ai 16.446 del 2000, per arrivare agli oltre 35.000 di oggi e questo dà l'idea di quanto il counseling si sia sviluppato in Gran Bretagna, fino al punto di poterne parlare come di una "istituzione sociale" (6). Anche se la professione continua a non essere formalmente regolata e la legge non pone limiti alla sua pratica, la BACP richiede ai suoi membri accreditati che abbiano un diploma o abbiano conseguito un Master in counseling con un minimo di quattrocentocinquanta ore di formazione; il corso deve basarsi su un modello teorico di riferimento e garantire un equilibrio tra teoria, pratica e sviluppo personale, con un preciso sistema di valutazione e di supervisione.

Oltre alla formazione per diventare counselor professionisti indipendenti, in Gran Bretagna vengono proposti corsi di counselling skills, insieme di abilità che possono essere applicate ad altre professioni (insegnanti, assistenti sociali), mentre per diventare counselor "psicologico" è necessario seguire un Master universitario triennale, cui si accede avendo la laurea in psicologia. Tale titolo è riconosciuto dalla British Psychological Society (BPS) come una specializzazione in psicologia che permette l'iscrizione all'albo degli psicologi britannici. Poiché in Gran Bretagna anche la psicoterapia non è regolata per legge (possono accedere alla professione, tra l'altro, persone che non sono laureate in medicina o psicologia) il counseling presenta notevoli aree di sovrapposizione con questa professione e il dibattito sulle similitudini tra l'una e l'altra è aperto.
La European Association for Counselling (EAC) è nata nel 1991 con la finalità di promuovere lo sviluppo e il riconoscimento del counseling a livello europeo, nonché di stabilire gli standard formativi (7) comuni tra le varie associazioni dei differenti paesi. Nel 2010, l'ingresso nell'EAC della Russia e dell'Italia (quest'ultima tramite il Cordinamento Italiano delle Associazioni di Counseling prima e di Federcounseling dopo) ha dato un nuovo impulso all'associazione. Per maggiori informazioni è possibile visitare il sito web ufficiale dell'EAC: www.eac.eu.com.

Questa la definizione di counseling adottata dall'EAC nel 1995: "Il counseling è un processo interattivo tra uno (o più) counselor e uno (o più) clienti - individui, famiglie, gruppi o istituzioni -, che affronta in una modalità olistica temi sociali, culturali, economici e/o emozionali. Il counseling può occuparsi di affrontare e risolvere problemi specifici, favorire un processo decisionale, aiutare a superare una crisi, migliorare i rapporti con gli altri, agevolare lo sviluppo, promuovere e accrescere la conoscenza e la consapevolezza di sé e permettere di elaborare emozioni, pensieri, percezioni, oltre che conflitti interni ed esterni. L'obiettivo globale è quello di offrire ai clienti l'opportunità di lavorare, con modalità da loro stessi definite, per condurre una vita più soddisfacente e ricca di risorse, sia come individui sia come membri della società più vasta".

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note:
1) Frank Parsons (1854-1908) è noto come il padre dell'orientamento professionale. Cfr. Choosing a vocation, Houghton Mifflin, Boston 1909.
2) Rollo Reece May (1909-1994), psicologo statunitense. Fra le sue opere principali: L'arte del counseling. Il consiglio, la guida, la supervisione, Roma, Astrolabio, 1991; L'amore e la volontà, Astrolabio, Roma 1971; Psicologia esistenziale, Astrolabio, Roma 1970.
3) Nel 1983 è diventata American Counseling Association (ACA), nome che ha tuttora. Vedere il sito www.counseling.org. Cfr. Di Fabio A., Sirigatti S. (a cura di), Counseling. Prospettive e applicazioni. Ponte alle Grazie, Milano 2005.
4) The Community Mental Health Act del 1963.
5) Non è un caso che la famosa frase di John F. Kennedy, in un discorso tenuto a Indianapolis nel 1959, sia diventata una sorta di vessillo nei discorsi motivazionali: "Scritta in cinese, la parola crisi è composta da due caratteri, che significano rispettivamente pericolo e opportunità". L'etimologia di wēijī è in realtà più complessa, ma il successo della sua affermazione continua ancora oggi.
6) Di Fabio A., L'evoluzione del counseling nei vari contesti internazionali: la prospettiva storica, in Counseling. Prospettive e applicazioni, cit. La cifra di 32.522 iscritti a fin novembre 2009 ci è stata comunicata dalla stessa BACP, precisando peraltro che "la BACP in genere non distingue tra counselling e psicoterapia, così non siamo in grado di dare un riscontro di come i nostri membri preferiscano chiamarsi" (comunicazione personale del 22 dicembre 2009). Cfr. il sito www.bacp.co.uk.
7) Attualmente gli standard formativi promossi dalla European Association for Counselling (EAC) prevedono una formazione teorico/pratica non inferiore alle 950 ore. Tale monte ore deve includere almeno 50 ore di percorso personale e 450 ore di pratica professionale supervisionata e deve essere svolto in un arco temporale non superiore ai 6 anni. Federcounseling garantisce che tutte le associazioni che lo compongono riconoscono esclusivamente strutture formative e/o corsi di formazione che rispondono a dette caratteristiche. Solo alle scuole che aggiorneranno i loro programmi formativi ai nuovi criteri sarà concesso di poter pubblicare - sui siti web o altrove - che i loro percorsi formativi sono rispondenti agli standard EAC.

La comunicazione e il counseling in numeri
https://www.aircommunity.it/counseling/comunicazione-e-counseling/631-la-comunicazione-in-numeri
1908
Frank Parsons utilizza per la prima volta il termine “counseling” per indicare “un’attività rivolta a problemi sociali o psicologici”. Nel 1909 pubblica il volume “Choosing a vocation”sul “career develop”(sviluppo di carriera).

1920
Il counseling approda in Italia ad opera dei servizi sociali come attività di orientamento professionale rivolta ai soldati che tornando dalla guerra, dovevano essere reinseriti in ambito lavorativo.

1949
Shannon e Wear, due scienziati americani che si occupano di circuiti telefonici c\o i laboratori Bell, formalizzano la prima elementare definizione di comunicazione: “trasferimento di informazioni da un emittente ad un ricevente a mezzo di messaggi”.

1951
Carl Rogers, padre fondatore del counseling, pubblica "La Terapia Centrata sul Cliente", considerato il testo sacro del counseling ed introduce il filone del “counseling psicologico”per indicare una relazione d’aiuto centrata sul cliente e costruita sull’ascolto attivo, dove l’ individuo viene aiutato ad affrontare problematiche di carattere relazionale, lavorativo e personale in modo libero e consapevole, attivando le proprie risorse personali. Il counseling psicologico, a differenza della psicoterapia è un intervento limitato nel tempo (concetto del “qui e ora" ) che riguarda una problematica specifica.

1952
Nasce l’American Counseling Association, ad oggi considerata la più grande associazione di counseling internazionale.

1967
Lo psicologo Watzlawick insieme ad altri suoi collaboratori della “Scuola di Palo Alto” pubblicano il volume “Pragmatica della comunicazione umana” .E’ la rivoluzione copernicana in tema di comunicazione. Essi affermano che “ è comunicazione qualsiasi evento, cosa, comportamento che modifica il valore di probabilità del comportamento di un organismo “.
Dunque, comunque ci si sforzi, non è possibile non comunicare: l’attività o l’inattività, le parole o il silenzio, hanno comunque valore di messaggio: influenzano gli altri e gli altri, a loro volta, non possono non rispondere a queste comunicazioni e, in tal modo, comunicano anche loro.

1976
Nasce la British Association for Counselling.

1981
Gerard Achenbach, filosofo tedesco, introduce il filone del “Counseling Filosofico” per indicare una relazione d’aiuto tra un individuo ed un esperto per risolvere e rispondere a specifiche domande di tipo esistenziale.

1990
La pratica del counseling viene introdotta in ambito sanitario italiano. L’Istituto Superiore della Sanità Italiana emana la legge n. 135 per fronteggiare la diffusione dell’HIV ed il legislatore nel testo della legge stessa specifica che “il test diagnostico per l’HIV deve essere preceduto e seguito da colloqui di counseling”.

1992
La “British Association for Counselling” comunica la propria definizione di counseling
"Il counseling è un uso della relazione abile e strutturato che sviluppi l'autoconsapevolezza, l'accettazione delle emozioni, la crescita e le risorse personali. L'obiettivo principale è vivere in modo pieno e soddisfacente. Il counseling può essere mirato alla definizione e soluzione di problemi specifici, alla presa di decisioni, ad affrontare i momenti di crisi, a confrontarsi con i propri sentimenti ed i propri conflitti interiori o a migliorare le proprie relazioni con gli altri. Il ruolo del counselor è quello di facilitare il lavoro dell'utente in modo da rispettarne i valori, le risorse personali e la capacità di autodeterminazione."

1994
Nasce la European Association for Counseling (EAC).

2000
In Italia il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro inserisce il counseling tra le nuove professioni non regolamentate

Il counseling per gli adolescenti
http://www.kultunderground.org/art/1226
Il counseling agli adolescenti. Strategie e abilità
Geldard Kathryn; Geldard David
II counseling specifico per l'età dell'adolescenza si basa su uno stile "pro-attivo", cioè caratterizzato per la direzionalità, ovvero l'arte non solo di ascoltare, ma anche di condurre la persona a un cambiamento che essa stessa non riuscirebbe a raggiungere da sola, la concretezza, l'orientamento a un problema specifico e la capacità di ricalcare lo stile e i contenuti del ragazzo o della ragazza che si vuole aiutare.
Capire gli adolescenti
- La natura dell'adolescenza
- L'influenza delle esperienze infantili
- I fattori ambientali di stress
- I pericoli per gli adolescenti
- Lo sviluppo di problemi psicopatologici
Il counseling proattivo con gli adolescenti
- Le specificità del counseling con gli adolescenti
- I fondamenti dell'approccio proattivo
- Il procedimento proattivo nel counseling con gli adolescenti
- Come utilizzare i processi di comunicazione tipici dell'adolescenza
- Le microabilità utili nel counseling
- La promozione del cambiamento negli adolescenti
Strategie di counseling
- Strategie simboliche
- Strategie creative
- Strategie comportamentali e cognitivo-comportamentali
- Strategie psicoeducative
Il counseling proattivo nella pratica
- Studi di caso

Il Career Counseling
http://larios.psy.unipd.it/gipo/gipo7.3.pdf
Il Career Counseling  è “una forma speciale di consulenza organizzativa people-oriented, focalizzata sulla carriera soggettiva e oggettiva del lavoratore e definibile come pratica professionale fondata su scopi, teorie di riferimento e strumenti di diagnosi e attivazione”  (dal Prof. Guido Sarchielli : Convegno Nazionale  “ Counseling e Career  Counseling . Valutazione e certificazioni” - Università di Parma  - dicembre 2013)
E’ un’ attività di counseling volta alla scelta e sviluppo professionale dell’individuo:
-supporta e facilita la presa di decisione del soggetto che si trova a fronteggiare una transizione professionale ( scuola/lavoro, disoccupazione/lavoro, lavoro/lavoro)
-identifica e rimuove gli ostacoli che bloccano la Persona alla realizzazione del proprio obiettivo formativo e/o professionale.

Gerd Achenbach e il COUNSELING FILOSOFICO
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=19738
Gerd Achenbach è un filosofo tedesco, nato ad Hameln nel 1947. Ottiene un dottorato in filosofia nel 1981 con Odo Marquard. Si laurea con una tesi su Hegel intitolata “Il piacere e la necessità”, riguardante una parte della “Fenomenologia dello spirito”.
Nello stesso anno conia il concetto di ‘consulenza filosofica’ (traduzione del neologismo tedesco Philosophische Praxis) e apre a Bergisch Gladbach vicino a Colonia il primo studio al mondo come filosofo ‘professionista’.
L’anno successivo, nel 1982, fonda la GPP (Gesellschaft fuer Philosophische Praxis che dal 1994 al 1996 avrà un proprio organo di stampa, la Agorà, che presto cambia nome in  Zeitschrift fuer Philosophische Praxis). Successivamente diventerà IGPP (Internationale Gesellschaft für Philosophische Praxis), ancora oggi principale punto di riferimento internazionale nell’ambito delle pratiche filosofiche. Achenbach ne è stato presidente fino al 2003.
In pochi anni, la strada indicata dal filosofo tedesco trova sperimentatori  prima in Olanda,  poi in Austria, Norvegia, Svizzera, Francia, Sud Africa, Israele. Nel 1992 la CF arriva negli Stati Uniti e poi in Gran Bretagna. In Italia  arriva nel 1999 con la nascita dell’AICF, che sarà seguita dalla SICOF. Si traducono i libri di Pierre Hadot, “Esercizi spirituali e filosofia antica” (Einaudi) e di Lou Marinoff, “Platone è meglio del Prozac” e “Le pillole di Aristotele” (Piemme), libri che ottengono un grande successo e avvicinano il grande pubblico alla nuova figura del filosofo che conduce una relazione d’aiuto.
Autore di diverse opere e articoli in tedesco e in inglese, Achenbach ha successivamente pubblicato “Il libro della quiete interiore” (2005), “Saper vivere” (2006) e “Del giusto nel falso” (2008), tutti e tre editi da Apogeo (La collana di Pratiche filosofiche per Apogeo è diretta da Umberto Galimberti).
Achenbach è direttore didattico della Lessino.Hochschule di Merano e Berlino, e direttore scientifico della Akademie Philosophische Praxis und Wirtschaft.

IL COACHING
https://www.youtube.com/watch?v=UY75MQte4RU#t=12
Il coaching è una strategia di formazione che, partendo dall’unicità dell'individuo, si propone di operare un cambiamento, una trasformazione che possa migliorare e amplificare le proprie potenzialità per raggiungere obiettivi personali, di team, manageriali e sportivi. È una relazione processuale che vuole offrire al cliente strumenti che gli permettano di elaborare ed identificare i propri obiettivi e rafforzare la propria efficacia e la propria prestazione. Presupposto di partenza è che ogni persona abbia delle potenzialità latenti, l'obiettivo del coach è quello di scoprirle ed insegnare al cliente come utilizzarle. Il coaching non può essere utilizzato come terapia sostitutiva in caso di patologie psichiche particolari o legate a disturbi della personalità. Il Coaching può essere rivolto a chiunque, e a qualsiasi età. Persone che vogliono vivere con maggiore soddisfazione la loro vita, e raggiungere obiettivi significativi, genitori, adolescenti, imprenditori, manager, insegnanti, atleti e a tutti coloro che desiderano migliorare le performance e raggiungere obiettivi particolarmente impegnativi. In un rapporto di coaching l'allenamento e la valorizzazione delle potenzialità personali permette di inquadrare l'essenza stessa del coaching: accompagnare la persona verso il massimo rendimento attraverso un processo autonomo di apprendimento.

Sir John Whitmore
Sir John Whitmore è universalmente riconosciuto come il padre del coaching e il professionista che ha avuto maggior impatto sullo sviluppo di questa professione. Oggi è autore di libri di successo e un pensatore all’avanguardia, specializzato in leadership, sviluppo organizzativo e sostenibilità sociale e ambientale. Opera come Executive Chairman della società Performance Consultants International.

http://12settimaneemezza.pbworks.com/f/COACHING+di+John+Whitmore+sintesi+testo+word.pdf

https://www.youtube.com/watch?v=xzz9qhBc8-s

Albert Ellis e la REBT Rational Emotive Behavior Therapy 
http://it.wikipedia.org/wiki/Albert_Ellis
Colpito anche dalla lunga durata e dalla scarsa efficacia della terapia psicoanalitica, che poteva sperimentare nella sua attività professionale, cominciò ad allontanarsene. La rottura definitiva maturò dal gennaio 1953, quando egli iniziò ad autodefinirsi terapeuta razionale (rational therapist). Stava sviluppando un nuovo tipo di psicoterapia, più attivo e direttivo. Dal 1955, con la pubblicazione del saggio New approches to psychoterapy techniques, denominò il suo nuovo approccio Rational Therapy (RT). La denominazione verrà successivamente modificata in Rational-Emotive Therapy (RET), ed infine in Rational Emotive Behavior Therapy (REBT).

Gli assunti principali della REBT. possono essere sintetizzati nei seguenti punti:
freccettanella maggior parte dei casi il modo in cui ci sentiamo (emotivamente) e il modo in cui ci comportiamo sono la risultante di ciò che pensiamo;
freccettaun modo di pensare inadeguato (illogico, distorto, irrazionale) porta a problemi emotivi e comportamentali;
freccettaproblemi emotivi e comportamentali possono essere superati imparando a sostituire pensieri irrazionali con pensieri razionali.

http://www.educazione-emotiva.it/rebt.htm

Friedrich Salomon (Fritz) Perls e la GESTALT THERAPY
Friedrich Salomon (Fritz) Perls (Berlino, 8 luglio 1893 – Chicago, 14 maggio 1970) è stato uno psicoterapeuta tedesco naturalizzato statunitense di origine ebraica.
Nel 1935 fonda a Johannesburg l'Istituto Sudafricano di Psicoanalisi. Si trasferisce, dopo dodici anni, negli Stati Uniti. Nel 1951 pubblica, insieme a Ralph Hefferline (che era suo paziente dal 1946) e Paul Goodman, Gestalt Therapy, il testo cardine della Psicoterapia della Gestalt, la scuola psicoterapeutica da lui fondata.
Conduce a Big Sur, in California, alcuni seminari di grande richiamo presso l'Esalen Institute; la località diventa luogo di interesse per intellettuali e studiosi come Claudio Naranjo, Gregory Bateson, Alexander Lowen, Eric Berne, Timothy Leary e molti altri.
Il contributo scientifico di Friedrich Perls è stato poi sistematizzato ed elaborato da sua moglie Laura Perls (nata Posner, 1905-1990) e dallo scrittore Paul Goodman (1911-1972).
La prospettiva della Gestalt-Therapy è riassunta da Perls in quattro parole: Io, Tu, Qui e Adesso. L'espressione Io e Tu (mediata da Martin Buber), indica la relazione autentica fra terapeuta e paziente, con l'idea guida di un rapporto terapeutico creativo che rispetti la singolarità di ogni essere umano.

https://www.youtube.com/watch?v=zIYqAgPK9uk

Petruska Clarkson e la GESTAL THERAPY
Petruska Clarkson, Ph.D (31 ottobre 1947-21 maggio 2006)
Petruska Clarkson una della più importanti figure della Gestalt Therapy in Inghilterra è deceduta ad Amsterdam il 21 maggio 2006
Questo articolo apparso nel XX Volume, N.2 Del Gestalt Journal, si basa su una presentazione della Prima Conferenza
Internazionale di Gestalt, “A Global Vision: Taking Gestalt Therapy into the 21st Century” che si è tenuta a Cambridge Massachusetts dal 6 al 10 novembre 1996 a cui ho avuto la fortuna di partecipare.
Consiglio a tutti la lettura di questo articolo, ricco di spunti, polemico, profondo, così come è stata nella sua breve vita Petruska ed in particolare ne suggerisco la lettura attenta a chi continua ancor oggi a credere che la gestalt sia “la sedia vuota o la sedia calda”.
Ringrazio Annamaria Negri, allieva del secondo anno couseling, che con me ha dedicato parte del suo tempo al fine di rendere fruibile l’articolo a chi non conosce l’inglese.
Giuliana Ratti 22 settembre 2009
L’inizio della Gestalt
La vita si realizza tramutando la tensione in sentimenti responsivi e in attività creative in cui l’avere non è eliminato, ma è assimilato all’essere, in cui l’uno e l’altro diventano Io e Tu; in cui la scienza è integrata alla metafisica; in cui l’autonomia (la gestione degli affari propri) è trascesa nella libertà che è partecipazione; in cui il mio corpo e il mondo con cui è consustanziale, e che amplia e moltiplica i suoi poteri, è il luogo dove io do la mia testimonianza all’Esistere.
(Marcel 1952, pag. 66)

www.psicoterapia.it/…/documen…/articolo_petruskaclarkson.doc

CARL ROGERS
"Per i primi otto anni fui completamente immerso nell'esercizio di un servizio psicologico pratico, facevo diagnosi ed indicavo i mezzi di rieducazione per ragazzi delinquenti e ritardati che venivano inviati dai tribunali e dai centri sociali...;
fu un periodo di relativo isolamento professionale, durante il quale mio unico interesse era quello di riuscire ad aiutare i clienti.
Fui costretto a fronteggiare molti insuccessi, e cio' mi costrinse ad imparare.
Avevo un solo criterio per giudicare qualsiasi metodo di trattare con questi bambini e coi loro genitori ed era: "e' efficace quello che faccio?".
Mi rendo conto che cominciai allora a sviluppare i miei punti di vista dall'esperienza di ogni giorno".
Carl Rogers

http://www.humantrainer.com/wiki/Carl-Rogers.html

Da un punto di vista generale, la terapia centrata sul cliente si basa su teorie psicologiche cosiddette  organismiche.
L'individuo, considerato come un'unità coordinata di stati del tutto  naturali di organizzazione della materia vivente, vive e agisce secondo la condizione sua propria.
La visione di base è olistica, poiché l’essere umano e il suo ambiente sono considerati come un tutt'uno integrato.
Il singolo individuo. Nella totalità della sua esistenza storica, l'essere umano appare guidato da motivazioni che lo spingono, in genere, alla sua autorealizzazione: il motore della condotta umana è costituito dall’intrinseca tendenza dell’organismo a realizzare le proprie
potenzialità. Nella teoria di Rogers, infatti, un riferimento costante viene fatto a una forza di base intesa come «una forza che ha una direzione fondamentale positiva». La terapia è centrata sulla persona proprio affinché una tale forza emerga ed operi.
L'ambiente. L’ambiente con cui si interagisce, più che essere considerato come un insieme di fattori che condizionano lo sviluppo dell’uomo, viene concepito come un contesto nel quale l’individuo tende a realizzarsi in maniera "naturale". Solo quando l’ambiente diventa carente, stressante o minaccioso, in una parola "abnorme", l’organizzazione dell’individuo si frantuma e il suo sviluppo risulta alterato nella sua autorealizzazione, evidenziando così la "patologia".

File pdf articolo Carl Rogers 
http://www.filosofare.org/crif/vecchiaversione/Pf/marginalia/PdfHtmlTheorica/ApprTCC.pdf

Dal film "Tre approcci alla psicoterapia" (1965) con sottotitoli in italiano.
Per attivare i sottotitoli, posizionarsi sulla barra degli strumenti in basso nella finestra del video. I pulsanti disponibili sono a sinistra e a destra. Cliccare sul secondo pulsante della parte destra degli strumenti e dal menù a tendina che si apre, selezionare i sottotitoli in italiano.

Albert Ellis & Gloria (1965) Sottotitoli Italiano
https://www.youtube.com/watch?v=D0gI2rXYoms

Fritz Perls & Gloria (1965) Sottotitoli in italiano

https://www.youtube.com/watch?v=H6dqOy2eojk

Carl Rogers & Gloria (1965) Sottotitoli in italiano

https://www.youtube.com/watch?v=DbFAYsO0OCM

L'arte del Counseling di Rollo May
L'arte del counseling di Rollo May, il padre della psicologia esistenzialista americana, è stato per tanti anni l'unico libro dedicato a chi, pur non desiderando diventare psicologo o psicoterapeuta, svolge un lavoro che richiede una certa conoscenza della personalità umana.
Consigliare gli altri, sia nell'ambiente scolastico, religioso, ospedaliero o aziendale, richiede una profonda empatia, la comprensione del carattere e delle tensioni interne della personalità, la capacità di accettare e rispettare gli altri senza falsi moralismi, l'umiltà di non imporre le proprie scelte di vita.
Con la saggezza, la semplicità e il profondo calore umano che lo contraddistinguono, l'autore spiega come il compito del counselor sia quello di favorire lo sviluppo e l'utilizzazione delle potenzialità del cliente, aiutandolo a superare quei problemi di personalità che gli impediscono di esprimersi pienamente e liberamente nel mondo esterno. Dopo essersi soffermato sulle caratteristiche della personalità sana ed equilibrata - libertà, individualità, integrazione sociale e tensione religiosa - May descrive gli aspetti fondamentali del processo del counseling distinguendo quattro fasi: prendere contatto, stabilire il rapporto, confessione del disturbo e interpretazione. La fase conclusiva del superamento del problema, la vera trasformazione della personalità, spetta solamente al cliente: il counselor può solo guidarlo, con empatia e rispetto, a ritrovare la libertà di essere se stesso.

http://it.wikipedia.org/wiki/Rollo_May

Articolo "L’essenza della natura umana nel
pensiero di Rollo May e Carl R. Rogers" di Marco Bosisio
http://www.acp-italia.it/rivista/2005/Marco_bosisio_-_l_essenza_della_natura_umana_nel_pensiero_di_rollo_may_e_carl_r._rogers.pdf

Abraham Maslow e la PSICOLOGIA UMANISTICA
Secondo Maslow, bisogni e motivazioni hanno lo stesso significato e si strutturano in gradi, connessi in una gerarchia di prepotenza relativa; il passaggio ad uno stadio superiore può avvenire solo dopo la soddisfazione dei bisogni di grado inferiore. Egli sostiene che la base di partenza per lo studio dell'individuo è la considerazione di esso come globalità di bisogni. Maslow sostiene che il saper riconoscere i bisogni dell'individuo, favorisca un'assistenza centrata sulla persona.

http://it.wikipedia.org/wiki/Abraham_Maslow

Sono trascorsi sessant’anni dalla pubblicazione di Motivazione e Personalità, il libro in cui Abraham Maslow definiva i principi della psicologia “umanistica” o “esistenziale” – la corrente di cui, insieme a Carl Rogers, viene considerato il principale esponente.
Per saperne di più: http://www.stateofmind.it/2013/03/maslow-individuo-sano/

L'ANALISI TRANSAZIONALE
L'analisi transazionale teorizza l'io come formato da tre strutture rappresentate graficamente come una sola personalità, ovvero i tre Stati dell'Io, ognuno con le proprie funzioni:

Genitore (Esteropsiche)

Adulto (Neopsiche)

Bambino (Archeopsiche)

La comunicazione tra due individui può essere letta come una transazione (o scambio) tra stati diversi o omologhi dei due io, quindi si parla nel primo caso di "transazioni incrociate" e nel secondo di "transazioni complementari"[6].
Ogni comunicazione avviene su due livelli che si influenzano reciprocamente, il contenuto (il cosa si dice) e la forma (il come lo si dice). Si comunica secondo segnali verbali e non verbali e se il verbale è contraddetto dal non verbale, si ha una incongruenza (un meccanismo simile a ciò che nella teoria di Bateson è detto "Doppio legame"). Ciascuno di noi è libero e responsabile dei propri comportamenti.
Ogni stato dell'Io ha connotazioni positive e connotazioni negative, a seconda che favorisca oppure impedisca l'indipendenza della persona.

http://it.wikipedia.org/wiki/Analisi_transazionale
http://www.scuoladianalisitransazionale.it/scuola_specializzazione_psicoterapia_indirizzo_analitico_transazionale.htm

Vari articoli di analisi transazionale
http://www.counselling-care.it/at_counselling.htm

Il VOICE DIALOGUE
Secondo la prospettiva del Voice Dialogue, la nostra personalità è composta di molte parti (o sé interiori) differenti; ogni sé ha il suo modo di pensare e percepire cose e persone, esercitando una specifica influenza sulla fisiologia, la postura, il modo di respirare, il tono della voce, le scelte e la gestione delle interazioni.
http://www.voicedialogue.it/#!career-consulting/cx3

All’inizio degli anni 70 Hal e Sidra Stone svilupparono il Voice Dialogue come un metodo per lavorare con le sub-personalità. Sostenuto dalla loro relazione personale e dalla loro collaborazione professionale, il loro lavoro si sviluppò nell’arco degli anni che seguirono in una complessa metodologia di lavoro con i Sé e in un completo sistema teorico che chiamarono la Psicologia dei Sé.
http://www.voice-dialogue-europe.net/it/stones.shtml

Robert Carkhuff
Uno dei massimi esperti di relazioni umane e di psicoterapia, Robert Carkhuff ha dato un contributo originale all’approfondimento del counseling non solo in ambito strettamente psicoterapeutico, egli rende a tutti comprensibile l’"arte" del supporto psicologico, tradizionalmente riservata agli psicoterapeuti e agli psichiatri professionisti.
“ Tutti noi – nessuno escluso – siamo nati con le potenzialità per crescere. Se impariamo a mettere in pratica questo potenziale, vivremo una vita d’intensità e di pienezza indicibili. Riusciremo a sviluppare delle risposte di crescita che ci permetteranno di andare ovunque e di fare qualsiasi cosa. …[...] Crescere è la nostra vera ragione di vita. I processi umani rappresentano il veicolo della nostra crescita. Noi, come esseri umani, siamo il prodotto dei nostri processi. In effetti, siamo umani solo se siamo in grado di gestire i processi umani. E alla fine, o moriremo crescendo, oppure moriremo condizionati ed impotenti, profughi e senza casa nel nostro stesso mondo”.
(Carkhuff, ”L’arte di aiutare”, 1987).

http://www.psicoformazione.it/teoria%20ce/CHIRICO/L%27arte_di_aiutare__R.R.Carkhuff.pdf

Allievo di Rogers, psicoterapeuta, è considerato il più grande esperto internazionale di counseling e relazione d’aiuto.
Il modello operativo proposto da Carkhuff integra le feconde intuizioni della Scuola Rogersiana con gli approcci di tipo cognitivo comportamentale, in un’esposizione semplice, piana e rigorosa, che chiarisce ed approfondisce le abilità fondamentali del processo di aiuto: prestare attenzione, rispondere, personalizzare, iniziare.
Migliorare i processi terapeutici è stata l’ossession

http://www.psicologiadellavoro.org/?q=content/i-padri-fondatori-del-counseling-robert-carkhuff-e-l%E2%80%99arte-di-aiutare

Wilhelm Reich
Wilhelm Reich, vissuto dal 1897 al 1957, fu paziente ed allievo di Freud. Mentre Freud poneva attenzione soltanto alla produzione verbale dei pazienti, Reich introdusse nella psicoanalisi anche l'osservazione del corpo, come l'espressione degli occhi e del viso, la qualità della voce e i vari tipi di tensioni muscolari. Descrisse per primo quello che noi oggi chiamiamo linguaggio del corpo. Nello stesso modo in cui Freud notò una spaccatura fra memoria conscia ed inconscia, Reich notò una scissione fra le varie espressioni del corpo. Per esempio, una persona può ridere ma non essere consapevole che l'espressione del suo viso è triste. Può dire parole gentili, ma non rendersi conto che i suoi occhi sono pieni di risentimento o che la sua bocca ha una espressione negativa.
Reich osservò che, appena questi pazienti iniziavano la terapia, le tensioni muscolari cambiavano. Le spalle e le braccia della persona depressa si rilassavano, le mascelle diventavano meno contratte e i denti meno serrati. La ragione per cui il paziente frenava gli impulsi e reprimeva i ricordi dolorosi era, in primo luogo, per evitare di mostrarsi vulnerabile. Quindi, allentando le tensioni muscolari croniche, il paziente sperimentava la propria vulnerabilità. Serrando la bocca e i denti egli assumeva un'espressione corporea che diceva: "Non voglio aprirmi per non essere ferito di nuovo".
Reich sperimentò come rilassare i muscoli cronicamente tesi mediante la pressione diretta su di loro e scoprì che funzionava. In questo modo il paziente poteva entrare in contatto con emozioni forti e a lungo dimenticate e con ricordi dolorosi. L'unità di mente, corpo ed emozioni divenne più chiara.
Egli notò anche che, a questo punto, il paziente cominciava a sembrare più vivo, la sua pelle più rosea, i movimenti più spontanei, gli occhi più luminosi. Era come se avesse più energia. Era proprio così e Reich la chiamo energia "organismica" o "orgone".

http://www.orgonomia.org/biografia.html

La validità del pensiero di Wilhelm Reich: nuove prospettive e nuove potenzialità di Luciano Rispoli
http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/psiche/Rispoli_Validit%C3%A0_pensiero_Reich.pdf

Alexander Lowen
Gli uomini pensano di risolvere tutto con la mente invece di "sentire". Ma il sentire non ha a che fare con l’intelligenza o con la forza. Solo lavorando su di sé, sul proprio corpo - grazie al quale l’uomo "sente" – l’uomo può curarsi e aspirare, come è sacrosanto, a una vita sana, libera, felice. Ed essere in grado di amare veramente.
                            Alexander Lowen

Alexander Lowen, nato nel 1910 a New York, dove è sempre vissuto tranne il periodo degli studi di medicina a Ginevra, è il fondatore della cosiddetta analisi bioenergetica, di cui ha cominciato a descrivere i principi nel suo primo libro, Il linguaggio del corpo (1958).
Allievo di Wilhelm Reich, che per primo aveva sottolineato l’importanza dell’analisi del carattere (1933), Alexander Lowen mette in luce come ognuno forma il proprio carattere, nei primissimi anni di vita, reagendo alle aggressioni e agli stimoli dell’ambiente e inibendo le proprie emozioni, il cui blocco si struttura a livello fisico. Ed è per questo che per arrivare a sciogliere i blocchi emozionali si deve "lavorare sul corpo" oltre che sulla mente, al fine di ritrovare il vero piacere di vivere.
Muore il 28 ottobre del 2008.

http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/psiche/intervistalowen.htm

John Pierrakos
John Pierrakos (1921-2001), psichiatra e psicoterapeuta americano, è il fondatore e creatore della Core Energetica ed è riconosciuto nel mondo come una delle personalità più importanti nella storia della psicoterapia corporea ed anche della crescita personale e spirituale. Nasce in Grecia l’8 febbraio del 1921 a Neon Oitylon, un paesino sul Mediterraneo. Nel 1939 emigra a New York, dove si laurea in medicina e si specializza in psichiatria.

Negli anni ’50 è paziente, allievo e collaboratore di Wilhelm Reich (uno degli allievi prediletti di Freud, e fondatore della psicoterapia corporea). Successivamente Pierrakos sviluppa ulteriormente i concetti reichiani con il suo collega e amico Alexander Lowen: essi creano insieme l’Analisi Bioenergetica , una psicoterapia corporea che si è diffusa con successo nel mondo occidentale.

http://www.core-energetica.it/john-pierrakos/

Murgatroyd Stephen
Murgatroyd Stephen, “Il Counseling nella relazione d'aiuto”, collana di Edoardo Giusti, Sovera, Roma, '95. Seconda ristampa '05
S. M. (1950, Bradford), scrittore, giornalista, psicologo, Trainer in Counseling professionale per la Scuola, l'Università, le Comunità e le Aziende.
Ha scritto testi sul Counseling in età evolutiva e per le crisi familiari. È membro della British Psycological Society.
Varie sono le forme d’aiuto, che l’autore considera in qualità di processo, che è possibile sperimentare anche nella vita di tutti i giorni, egli ne individua sette tipologie: dare informazioni; azione diretta d’aiuto; insegnamento; aiuto nel cambiamento di sistemi organizzativi; difesa; fornire verifiche di ritorno e agevolazioni.

Due interessanti recensioni:
http://www.counselingitalia.it/articoli/1103-una-recensione-o-quasi-murgatroyd-stephen-il-counseling-nella-relazione-daiuto-collana-di-ed

http://www.artcounseling.it/art_counseling/counseling-murgatroyd.html

L’ ENNEAGRAMMA
L'Enneagramma (dal greco ennea, nove, e gramma, disegno) è un simbolo geometrico utilizzato in ambito psicologico ed esoterico.
Graficamente, il simbolo si realizza a partire da una circonferenza suddivisa in nove parti uguali che rappresentano la fusione delle leggi del 3 (che si riferisce alle tre forze presenti all’inizio di ogni evento: si pensi alla trimurti indù o alla trinità cristiana; le tre forze possono essere viste come creativa, distruttiva e conservativa, oppure come attiva, ricettiva e conciliativa, o ancora come conservativa, sessuale e sociale, a seconda dell'ambito in cui ci si muove nella vita) e quella del 7, che governa la successiva evoluzione dell’evento nel mondo fisico (legge conservata per esempio nelle ottave della scala musicale), intersecate da linee interne. I punti sono numerati in senso orario da 1 a 9 e all'interno del cerchio è inscritto un triangolo equilatero avente come vertici i punti 3, 6 e 9. L'unione degli altri punti è data invece dalla divisione del numero 1 per il numero 7: si ottiene il numero periodico 0,142857142857.. con serie numeriche che non contengono multipli di 3, e i punti restanti da collegare sono appunto i sei numeri 1-4-2-8-5-7, in questa successione.

http://it.wikipedia.org/wiki/Enneagramma_della_personalit%C3%A0

Georges Ivanovič Gurdjieff
Georges Ivanovič Gurdjieff (Alexandropol, 14 gennaio tra il 1866 e il 1877 – Neuilly, 29 ottobre 1949) è stato un filosofo, scrittore, mistico e "maestro di danze" armeno.
Il suo insegnamento combina sufismo e altre tradizioni religiose in un sistema di tecniche psicofisiche che cerca di favorire il superamento degli automatismi psicologici ed esistenziali che condizionano l'essere umano.
L'insegnamento fondamentale di Gurdjieff è che la vita umana è vissuta in uno stato di veglia apparente prossimo al sogno. Per trascendere lo stato di sonno (o di sogno) elaborò uno specifico lavoro su sé stessi al fine di ottenere un livello superiore di vitalità e consapevolezza. La sua tecnica prevede il raggiungimento di uno stato di calma e isolamento, a cui segue il confronto con altre persone.

http://it.wikipedia.org/wiki/Georges_Ivanovi%C4%8D_Gurdjieff
http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/gurdjieff/naranjo.pdf

Claudio Naranjo
Nato a Valparaiso (Cile) nel 1932, Claudio Naranjo ha studiato medicina, musica e filosofia. Psichiatra e psicoterapeuta, dopo un training presso l'Istituto cileno di Psicoanalisi con Ignacio Matte Blanco, ha insegnato psicologia all'Università del Cile e ha diretto il Centro Studi di Antropologia Medica.
Trasferitosi negli Stati Uniti, è stato fin dai primi tempi nello staff dell'Esalen Institute in California, dove è diventato uno dei successori di Fritz Perls e si è affermato come una figura di spicco della nuova psicologia.  Oggi Naranjo è uno dei massimi esponenti della psicologia transpersonale e conduce in diverse paesi del mondo attività di ricerca e formazione, ispirandosi a vari maestri spirituali orientali e occidentali, tra cui Swami Muktananda, Idries Shah, Oscar Ichazo, Suleyman Dede, Sua Santità il XIV Karmapa, Tarthang Tulku Rinpoche, anche se una delle figure di riferimento del suo pensiero rimane soprattutto Totila Albert Schneider, artista e filosofo cileno (1892-1967) di cui Naranjo si ritiene l'erede spirituale. 
Nella sua carriera di docente ha insegnato religioni comparate al California Institute of Asian Studies, psicologia umanistica alla University of California di Santa Cruz, meditazione al Nyingma Institute a Berkeley, California, ed è il fondatore del SAT Institute, una scuola di psicologia e spiritualità integrate in cui tra l'altro applica l'enneagramma dei tipi psicologici, di cui è il massimo esperto.  Considerato uno dei pionieri dello Human Potential Movement, la sua introduzione dell'idea di Quarta Via in psicoterapia, ripresa da Gurdjieff, è un esempio del suo lavoro d'integrazione tra psicoterapia e tradizioni spirituali.  Attualmente il suo impegno prioritario è dedicato al campo dell’educazione. Il programma SAT educazione di formazione per insegnanti, da lui creato, intende dare una risposta concreta alle difficoltà che incontra l’educatore, espressione di una crisi più generalizzata che caratterizza il nostro tempo. Il progetto pedagogico proposto da Naranjo mira a valorizzare e a sostenere una nuova sensibilità educativa, che si coltiva soprattutto attraverso un processo individuale di crescita personale. Nell'ambito del percorso educativo noto come Programma SAT, la scuola di crescita personale fondata all'inizio degli anni Settanta, la sua linea pedagogica è quella di una educazione integrale, che si ricollega al pensiero di  Rousseau, Dewey, Montessori e Steiner, ponendo l'accento sugli aspetti emotivi e spirituali del processo di apprendimento e sugli sviluppi che la relazione educativa attraversa nell'ambito di questo processo.
Nel settembre 2007 gli è stata conferita la Laurea Honoris Causa in Scienze della Formazione Primaria presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università degli Studi di Udine.
Tra i suoi libri principali tradotti in italiano ricordiamo: Carattere e nevrosi (Astrolabio 1998), Gli enneatipi nella psicoterapia(Astrolabio 2003), La via del silenzio e la via delle parole (Astrolabio 1999), Cambiare l’educazione per cambiare il mondo (Forum edizioni 2004), La civiltà, un male curabile(Franco Angeli 2007), Per una Gestalt viva(Astrolabio 2009), L’ego patriarcale. Trasformare l’educazione per rinascere dalla crisi costruendo una società sana (Apogeo urra 2009), Amore, coscienza e psicoterapia (Xenia 2011).

http://www.claudionaranjo.net/index_italian.html

Kenneth Earl Wilber Jr. e il PENSIERO INTEGRALE
Kenneth Earl Wilber Jr. (Oklahoma City, 31 gennaio 1949) è un saggista e filosofo statunitense. È uno dei fondatori del pensiero integrale e fondò l'Integral Institute nel 1998. Attinge dalla psicologia, la sociologia, la filosofia, lo yoga, il misticismo, il postmodernismo, la scienza e la teoria dei sistemi per costruire quello che lui chiama una teoria integrale della coscienza.
La Visione-Pratica Integrale è anche un’etica della responsabilità che parte da ciascuno e che vede il compito Kosmico (Corpo, Mente, Anima, Spirito) di ognuno e di tutti, che non nasconde il ruolo del singolo dentro quello di tutti né quello di tutti dentro quello del singolo: li affronta a viso aperto e ci chiama esplicitamente e senza infingimenti a fare altrettanto; questa Visione ci chiama per nome e ci invita ad usare il metodo fondamentale e ‘fondante’: ‘TRASCENDI E INCLUDI’ - insieme ‘trascendi’ e ‘includi’ - non solo un aspetto, non solo l’uno o solo l’altro, ma l’uno e l’altro aspetto -‘trascendi e includi’. Tutte le dimensioni sono utili in questa visione e tutto va portato più in alto a un nuovo stadio come procede il Kosmo nel suo grande progetto evolutivo.
Una caratteristica che emerge con Wilber: la possibilità per tutti, cioè per ogni individuo, di avere i metodi per praticare il proprio miglior sviluppo dovunque e comunque.

http://lucideimaestri.altervista.org/wilber.htm

JOHAN GALTUNG E LA MEDIAZIONE NON VIOLENTA
Il segreto dell’arte della mediazione nonviolenta? «In primo luogo identificare i partecipanti, fare una ricognizione dei loro obiettivi, e trovare le loro contraddizioni; in secondo luogo distinguere fra obiettivi legittimi e illegittimi; infine costruire ponti fra rispettive posizioni legittime» (intervista2).

È il concetto di costruzione di ponti a dover guidare la mediazione. Normalmente si parla di compromessi, ma la parola, anche in italiano, ha una connotazione negativa, implica l’idea che nella migliore delle ipotesi ci sia una perdita del 50% per ciascuna delle parti. La mediazione può far emergere nuove possibilità (come l’area binazionale fra Perù ed Ecuador trasformata in parco naturale), ci si può accorgere che la situazione non è necessariamente un gioco a somma zero dove quello che guadagna l’uno lo perde l’altro

http://it.wikipedia.org/wiki/Johan_Galtung

Il ruolo dei media nella rappresentazione del conflitto. Pacificatori o amplificatori della conflittualità? di Enrico Cheli
http://www3.unisi.it/mastercomrel/articoli%20e%20saggi/il%20ruolo%20dei%20madia%20come.htm


WATZLAWICK  E LA PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE
Conoscitore di sette lingue e dotato di un piacevole senso dell'umorismo, Watzlawick non si abbassò mai a toni sgradevoli e inopportuni, venendo ricordato come un uomo di "un'eleganza oltre il tempo" e dai modi gentili e generosi[5]. Fu sua la celebre battuta sul DSM III che, con l'eliminazione dell'omosessualità dai disturbi psichiatrici in seguito alle forti pressioni sociali e scientifiche dell'epoca, aveva fatto sì che milioni di persone nel mondo fossero state "curate" con un tratto di penna[12]: con essa Watzlawick sottolineò l'inaffidabilità e la pericolosità di forme di etichettamento e classificazione, in special modo nell'ambito psichiatrico. Massimo studioso della pragmatica della comunicazione umana, delle teorie del cambiamento e del costruttivismo radicale, nonché figura di spicco dell'approccio sistemico e della terapia breve, ha scritto circa una ventina di libri e oltre centocinquanta tra articoli e saggi tradotti in più di ottanta lingue, diffondendo nel mondo l'approccio allo studio della comunicazione e dei problemi umani della Scuola di Palo Alto

http://it.wikipedia.org/wiki/Paul_Watzlawick

Watzlawick, P. (1986). Di bene in peggio. Istruzioni per un successo catastrofico Milano: Feltrinelli.
Secondo Paul Watzlawick è finalmente giunta l’ora di farla finita con la favola millenaria secondo cui felicità, beatitudine e serenità sono mete desiderabili della nostra vita. Troppo a lungo abbiamo creduto che la ricerca della felicità ci conducesse, alla lunga, alla felicità stessa. Per di più è il concetto di “felicità” ad essere così tanto caleidoscopico da sfuggirci come sabbia tra le mani. La vita di ognuno è costellata da momenti di grande infelicità, di dolore. Che cosa saremo noi senza il dolore e la sofferenza? Non sono, essi stessi, tremendamente necessari nel nostro percorso individuale? Chi si lascia sommergere, ogni giorno, da manuali per essere felice rischia di essere travolto. Il numero di persone che con le proprie mani costruiscono, con estrema perizia ed impegno, la propria infelicità è altissimo. Tutti possono essere infelici, ma “rendersi” infelici è diventata una vera e propria arte che con abilità mettiamo in campo ogni giorno della nostra vita...
Paul Watzlawick, psicologo e filosofo, eminente esponente della scuola di Palo Alto, è stato tra i fondatori e tra i maggiori esponenti dell’approccio sistemico. In un agile volumetto riesce a mettere a nudo molte delle nostre quotidiane tecniche per somministrarci una dose di “infelicità”. Un esempio su tutti: le profezie che si realizzano da sé. Quanti hanno, almeno una volta nella vita, ipotizzato che un dato evento avrebbe avuto un esisto e poi quello stesso esito è divenuto realtà? Ma è perché, fatalmente, le cose sarebbero andate così o quello che è avvenuto è perché abbiamo fatto sì, con il nostro atteggiamento e la nostra predisposizione mentale, che accadesse? Chiunque legga questo saggio non può non riconoscere una parte di se stesso e di come affronta la quotidianità ed il rapporto con gli altri. Basta davvero poco per rendersi infelici. Basta però sapere che siamo artefici sia della nostra felicità che della nostra infelicità per provare a farci cambiare il modo di approcciare al mondo che ci circonda e a far sì che si possa avere un atteggiamento diverso da quello che fino ad oggi abbiamo sempre avuto. Watzlawick lascia a Dostoevskij la conclusione: “L’uomo è infelice perché non sa di essere felice”.

http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/psiche/dibeneinpeggio.pdf

Bateson  e la TERAPIA FAMILIARE SISTEMICO RELAZIONALE
Bateson può essere considerato il padre della terapia familiare ad orientamento sistemico.

http://www.filosofico.net/bateson.htm

La Psicoterapia Sistemico-Relazionale nasce quasi esclusivamente come Terapia della Famiglia intorno agli anni '40 negli Stati Uniti da ricerche parallele di psicoanalisti (Ackerman, Boszormenyi-Nagy, Bowen, Whitaker ed altri) e di ricercatori e clinici di formazione sistemica (Bateson, Watzlawick, Jackson, Haley ed altri) che conducevano studi sulle interazioni tra il comportamento del paziente, soprattutto il paziente affetto da disturbi psicotici e la sua famiglia di origine.

Già nel 1949 G. Bowlby pubblicò un articolo " The study and reduction of group tension in the family " nel quale descriveva le interviste familiari congiunte come una modalità ausiliare per le terapie individuali più complesse di adolescenti trattati alla Tavistock Child Guidance Clinic. Contemporaneamente negli Stati Uniti, un discepolo di Adler, Rudolf Dreitrurs, del Community Child Guidance Center di Chicago, aveva sviluppato, per analoghe problematiche adolescenziali, un programma molto simile a quello della Tavistock.
Questo per sottolineare che il movimento denominato " Terapia della Famiglia " iniziò contemporaneamente in molti luoghi e per merito di terapeuti già affermati, ma negli Stati Uniti coincise, negli anni cinquanta, con la comparsa di nuove tendenze nel campo delle scienze umane e sociali.
Nel campo specifico del disagio mentale emerge la tendenza comune a spostare l'attenzione dai fattori intrapsichici ai fenomeni interpersonalicon l'utilizzazione di nuove unità di diagnosi e d'intervento. 
Da Bateson nel 1951 viene la proposta di usare la comunicazione come un nuovo modello scientifico e si afferma la necessità di una rottura con la tradizione ed un profondo rinnovamento del linguaggio e delle categorie concettuali del nuovo paradigma. J. Haley, J. Weakland, D. Jackson, Virginia Satir e Minuchin parlano di una vera e propria rivoluzione scientifica. Terapeuti come Ackerman, Boszormenyi-Nagy, Bowen, Whitaker cercano invece un ponte con la tradizione psicoanalitica recuperando il concetto di individuo. 
Anche in Italia si distinguono queste due linee di tendenza: la prima fa capo alla Selvini Palazzoli che opera sulla famiglia intesa come "sistema di interazioni" abbandonando ogni interesse per l'individuo, se non in quanto membro di un sistema. L'altra, che fa capo a gruppi di ricercatori romani, (Andolfi, Cancrini, Vella) guarda alla famiglia come a un sistema aperto capace di autogestirsi ed in costante trasformazione: l'individualità e gli apetti della personalità di base dei singoli membri del sistema, compreso lo stesso terapeuta, vengono valorizzate ed utilizzate come potenziali trasformativi.

Se da una parte tali concezioni sono il risultato delle innovazioni introdotte dalla cibernetica, dall'altra è chiaro il riferimento ad autori storici, quali Ackerman, Nagy, Bowen e Whitaker, in particolare ricordiamo alcuni concetti essenziali da loro introdotti e sviluppati:

a. l'importanza del'acquisizione della consapevolezza da parte dei membri della famiglia,

b. il lavoro centrato sull'individuo piuttosto che sul sistema,

c. l'importanza del livello trigenerazionale

d. l'inseparabilità del sè dalla relazione
e. la posizione del terapeuta partecipe e definito rispetto alla propria individualità.
Bisogna comunque riconoscere che l'influenza degli scritti di Carl Whitaker, è molto più incisiva, soprattutto il suo concetto chiave, l'uso del sè del terapeuta. Si riferisce, in particolare, alla capacità di quest'ultimo di conoscere e di utilizzare sia le caratteristiche della propria personalità, che le istanze emozionali per la costruzione di un'efficace relazione terapeutica. In questa prospettiva teorica si colloca l'esperienza clinica e didattica dei docenti dell'I.Te.R. che guardano alla famiglia come un sistema attivo e non solo reattivo.
Questa concezione della famiglia aggiunge un'indubbia complessità che rende il comportamento familiare meno prevedibile anche per lo stesso terapeuta che non è più osservatore "non partecipe", ma parte attiva ed integrante del sistema e quindi coinvolto nello stesso processo trasformativo. Nei più recenti sviluppi didattici dell'I.Te.R. il concetto di Terapia della Famiglia si è ampliato estendendo la ricerca e l'intervento clinico verso una prospettiva sistemica più ampia, dove non sempre la famiglia resta per il terapeuta il sistema più significativo di riferimento.
L'attitudine di questi ultimi anni a lavorare con strutture familiari ricomposte o monogenitoriali o con configurazioni strutturali delle più variegate ha consentito di sperimentare l'efficacia del coinvolgimento nel processo terapeutico componenti di sistemi sociali al di là della famiglia rivelatisi di fondamentale importanza nella costruzione del processo terapeutico. La Terapia Familiare è sempre più vista come psicoterapia attraverso la famiglia per affrontare oltre il disagio collettivo anche quello del singolo individuo. L'evoluzione del modello sistemico, superando l'idea esclusiva della terapia congiunta con la famiglia, permette attualmente di convocare i sottosistemi in setting distinti e soprattutto, consente di legittimare la psicoterapia sistemica individuale.
L'indirizzo didattico dell'I.Te.R. recupera dalla tradizione del paradigma sistemico la teoria di maggiore impatto innovativo:

Il concetto di contesto come unità diagnostica e terapeutica. 
In tale prospettiva favorisce l'applicazione della metodologia sistemica nelle più diverse realtà sociali, includendo nel setting terapeutico quei sistemi della rete sociale del paziente in cui possono essere recuperate energie utili alla ricerca di nuovi equilibri.*

In sintesi viene favorita l'applicazione clinica del modello sistemico con:

1. La famiglia

2. I sottosistemi familiari (coppia - fratria)

3. I sistemi significativi della rete sociale di appartenenza
4. I gruppi non parentali
5. L'individuo
6. Il bambino e l'adolescente
* Alcuni dei concetti sopra esposti sono riscontrabili negli scritti: 

1. "Di famiglia in famiglia: affetti e trasformazioni nella relazione terapeutica" - Estratto dal Volume "Famiglia: continuità, affetti, trasformazioni, ricerca e psicoterapia"- Ed. Franco Angeli, Milano, 1995

2. "Abitare la follia: architetture terapeutiche nella famiglia a transizione psicotica" - Estratto dal Volume"Genitori, Individui e Relazioni intergenerazionali nella famiglia" - Ed. Franco Angeli, Milano, 1991

3. "La terapia sistemica ed i gruppi: storia e prospettive" - Estratto da Volume "Le nuove prospettive della psicoterapia sistemico- relazionale"- Ed. Armando, 2006

4. "Trasformarsi per trasformare: il setting come risorsa per il cambiamento nella didattica e nella clinica" - Estratto dal Volume " Famiglie, Gruppi e Individui. Le molteplici forme della Psicoterapia sistemico-relazionale" Ed. Franco Angeli, 2006 

Bateson e l’ECOLOGIA DELLA MENTE
Alla base del pensiero di Bateson sull'ecologia della mente, c'è la convinzione che non si può parlare di una specie o di un singolo individuo in modo astratto. Per comprenderne il funzionamento occorre considerare l'organismo inserito nel suo ambiente. L'armonia di questo rapporto è fondamentale sopravvivere e per vivere bene.

https://www.youtube.com/watch?v=UVK8WDtpH8U

H. ALMAAS
H. Almaas pseudonimo di A. HAMEED ALI è nato in Kuwait nel 1944, ha studiato fìsica alla University of California, Berkeley, prima di scegliere di dedicarsi interamente all'indagine degli aspetti psicologici e spirituali della natura umana. Ha conseguito in seguito un dottorato in psicologia specializzandosi in terapia reichiana. È fondatore del Diamond Approach, sviluppatosi dall'incontro tra gli antichi insegnamenti spirituali e le moderne teorie psicologiche.

http://www.ahalmaas.com/

Gurdjieff chiamò “essenza” la parte reale di noi, la parte che può avere l’esperienza dell’”Io sono”. Definì l’essenza come la parte di noi che nasce con noi e non è il risultato dell’ambiente o dell’educazione.
Così nell’esperienza della presenza, ciò che è presente è l’essenza, la nostra vera natura, che è indipendente da ogni condizionamento. Presenza ed essenza sono una cosa sola. L’essenza è l’esperienza diretta dell’esistenza. Naturalmente, l’essenza può essere esperita in altri modi, sotto forma di amore, di verità, di pace, ecc. ma la sensazione dell’esistenza è la caratteristica fondamentale. E’ l’aspetto più chiaro e definito che distingue l’essenza da tutte le altre categorie di esperienza. L’essenza è, e questa è la più fondamentale tra le caratteristiche. (tratto da ESSENZA di A. H. Almaas)

Daniel Goleman e l’INTELLIGENZA EMOTIVA
Daniel Goleman (Stockton, 1946) è uno psicologo, scrittore e giornalista statunitense. Ha studiato all'Amherst College, dove è stato allievo di Alfred F. Jones. Si è laureato ad Harvard, specializzandosi in "psicologia clinica e sviluppo della personalità".
A lungo ha scritto sul New York Times di temi concernenti la neurologia e le scienze comportamentali.
L'opera più conosciuta di Goleman è "Intelligenza emotiva" (Emotional Intelligence) del 1995. In questo libro l'autore afferma, tra l'altro, che la conoscenza di sé, la persistenza e l'empatia sono elementi che nascono dall'intelligenza umana, e sono quelli che probabilmente influenzano maggiormente la vita dell'uomo. Spesso queste capacità, che vanno a costituire l'intelligenza emozionale, erano sottovalutate, ignorate o non considerate come elemento rilevante nel computo del noto ma ridimensionato quoziente d'intelligenza (QI).
Goleman ha ricevuto molti premi e riconoscimenti per le sue ricerche: due nomination al Premio Pulitzer per i suoi articoli, un premio alla carriera dall'American Psychological Association e l'elezione a membro dell'American Association for the Advancement of Science.

http://www.ted.com/talks/daniel_goleman_on_compassion?language=it#

PAUL EKMAN
Paul Ekman (Washington, 15 febbraio 1934) è uno psicologo statunitense. È divenuto, grazie alle sue ricerche scientifiche, un pioniere nel riconoscere le emozioni e le espressioni facciali, è considerato uno dei 100 psicologi più importanti del ventesimo secolo. Ciò gli ha comportato l’ingresso nella lista (apparsa sul Times Magazine l’11 maggio del 2009) delle 100 persone più influenti del mondo.
Ekman ha dimostrato che, contrariamente alla convinzione di alcuni antropologi tra cui Margaret Mead, le espressioni facciali e le emozioni non sono determinate dalla cultura di un posto o dalle tradizioni ma sono universali ed uguali per tutto il mondo, ciò indica che quindi sono di origine biologica.
La vita del Dr. Paul Ekman ha ispirato, in maniera romanzata, anche una serie televisiva, Lie To Me trasmessa sulla Fox, in Italia su Sky, nel canale Fox, poi anche su Mediaset (Rete 4 e TOP Crime). Cal Lightman, personaggio parzialmente ispirato ad Ekman, è il protagonista della serie ed il fondatore del Lightman Group; la serie è svolta sotto la consulenza dello stesso Ekman, il quale afferma che nella serie (complici i tempi televisivi) le bugie si scoprono molto più velocemente e con molta più certezza rispetto alla realtà. Lightman è, nella serie, lo scopritore delle microespressioni, mentre nella realtà Ekman non le ha scoperte (sono stati i ricercatori E. A. Haggard e K. S. Isaacs), ma le ha perfezionate e ampliate, e ne ha teorizzato l'universalità, tutte ricerche che nella serie vengono effettuate dal protagonista alcuni anni prima della storia narrata. Gli studi di Lightman in Papua Nuova Guinea, di cui si parla nel telefilm, sono ispirati al vero periodo passato tra gli indigeni papuasi da Ekman

https://www.youtube.com/watch?v=B2kVBbiep7U

COSA SUCCEDE NEL CERVELLO QUANDO SIAMO FELICI
La maggior parte degli studi viene effettuata sullo stress, sulla depressione e il loro collegamento alla malattia; pochi si concentrano sulla biologia della gioia. Si dovrebbe prestare più attenzione al motivo per cui, quando siamo ottimisti, gioiosi e felici, non andiamo così spesso dal medico. Il nostro cervello sperimenta la felicità in diversi modi e questo previene quella cascata di processi cellulari che portano alla malattia.
Felicità Artificiale
Molte persone diventano dipendenti dalle sostanze chimiche – alcol, cocaina, eroina e nicotina – per sentirsi meglio. Ma non si tratta di una felicità reale, perché il cervello ha una varietà di meccanismi chimici che regolano le sue attività elettriche, come la veglia e il sonno e le sostanze stupefacenti stimolano artificialmente questi sistemi, senza che il sentimento correlato che si prova sia effettivamente quello di gioia.
La dopamina si diffonde nel cervello, rilasciata da alcune cellule nervose specializzate, quando una persona raggiunge una sorta di ricompensa, come ad esempio quando soddisfa la fame e la sete, vince una partita o supera un esame. Le sua azione chimica viene riprodotta anche dalle sostanze stupefacenti, che generano ottimismo, energia e senso di potere.
Ci sono poi delle altre sostanze, le endorfine, che agiscono nel cervello come antidolorifici. La loro azione viene imitata da eroina e morfina, oltre che dall’alcol.
Oppure si può parlare della serotonina, importante per trovare il rilassamento mentale, come condizione essenziale per addormentarsi la sera. Il sollievo da ansia e agitazione mediato dalla serotonina porta anche alla guarigione dalla depressione. Ecco perché il Prozac è ormai così popolare. Questo non si comporta come la serotonina, ma prolunga l’azione di quel poco di serotonina che il cervello produce.
Tutte queste sostanze portano ad una condizione di gioia artificiale, che nulla ha a che vedere con la sensazione di reale felicità che nasce da dentro.
La felicità è direttamente legata alla nostra salute
La scienza della felicità suggerisce con sempre crescente insistenza che vi sia un legame tra felicità e salute. Le persone felici, ad esempio, sono maggiormente protette contro le malattie cardiache e l’ictus. Che lo stress abbia effetti negativi sulla biologia e che conduca a pessimi cambiamenti di salute è risaputo. Ciò a cui non pensiamo mai è che la felicità abbia un effetto opposto, cioè preventivo.
Cosa succede nelle nostre cellule quando siamo felici?
Lo studio della psicologia positiva ha identificato quali atteggiamenti e tratti della personalità possano contribuire ad avere un umore positivo e ad aumentare di conseguenza la qualità della vita. Le persone felici, rispetto alle altre, tendono ad avere una maggiore funzionalità del sistema immunitario, una riduzione del rischio di malattie cardiovascolari, sono più soddisfatte del loro lavoro e dellavita di coppia. Per questo risulta importante sviluppare una migliore comprensione delle influenze della felicità, indagando sulla sua base biologica. Sono numerosi gli studi che hanno iniziato ad esplorare tra i suoi potenziali marcatori biologici.
Ad esempio, le ricerche che hanno cercato di approfondire l’associazione tra i potenziali marcatori biologici indicano che gli individui depressi presentano una concentrazione molto bassa di prolattina. Di solito si tende a correlare la prolattina alla capacità di una donna di allattare, ma questa è in grado di influenzare molti altri fattori. La prolattina svolge un ruolo fondamentale nel metabolismo, nella regolazione del sistema immunitario e nello sviluppo del pancreas. Negli esseri umani, la prolattina viene prodotta dalla ghiandola pituitaria, nell’utero, nel seno, nei linfociti, nei leucociti e nella prostata. Con l’aumento della risposta della prolattina, aumentano anche gli effetti positivi legati alla felicità, cosa che ha influenze anche sulla connessione neurale e sulla cognizione, che agiscono sulla nostra capacità di percepire, ricordare e rafforzare l’attività dei neuroni.
Per proteggere il cervello dallo stress, viene rilasciata una proteina nota come BDFN, una neurotrofina che ha effetto protettivo e riparatore dei neuroni della memoria e agisce come un interruttore di ripristino. Ecco come mai dopo un momento di forte stress capita all’improvviso di vedere le cose in modo chiaro e di sentirsi a proprio agio.
Contemporaneamente, il cervello rilascia le endorfine, sostanze chimiche che combattono lo stress. Il loro scopo principale è quello di minimizzare il disagio e di bloccare la sensazione di dolore, stimolando i centri del piacere, molti dei quali possono portare anche all’euforia.
BDFN ed endorfine sono la causa della nostra sensazione positiva quando facciamo sport. Le endorfine sono sostanze chimiche in grado di attraversare gli spazi tra i neuroni, trasportando i messaggi, e vengono rilasciate con diversi tipi di attività.
Esse si comportano sia come antidolorifici che come premio per il sistema di ricompensa del nostro organismo. Vengono rilasciate in grande quantità sia quando ci facciamo male che quando mangiamo del peperoncino piccante; ma possono essere prodotte anche quando parliamo con un estraneo, mangiamo un pasto gustoso o ci esponiamo alla luce ultravioletta.
In generale, i benefici di cui godono le cellule quando avvengono i cambiamenti illustrati in precedenza, porta a:
stimolare la crescita delle connessioni nervose
migliorare la cognizione aumentando la produttività mentale
migliorare l’abilità di analisi e riflessione
aumentare la capacità di analizzare ciò che ci circonda
aumentare l’attenzione
avere pensieri più felici
Il potere del pensiero positivo
Ogni pensiero stimola il rilascio di una sostanza chimica nel nostro cervello. Concentrarsi sui pensieri negativi indebolisce sia il cervello che la sua funzionalità: lo rallenta, fino ad arrivare ad offuscarlo e a sviluppare la depressione. Dall’altra parte, il pensiero positivo, la speranza, la felicità, l’ottimismo e i pensieri di gioia abbassano i livelli di cortisolo e stimolano la produzione di serotonina, generando una sensazione di benessere. Questo aiuta il cervello a lavorare alla sua massima potenzialità.
I pensieri positivi e felici in genere supportano la crescita del cervello, oltre che la formazione e il rafforzamento di nuove sinapsi, specialmente nella corteccia prefrontale, che funge da centro di integrazione di tutte le funzioni cerebrali.
In altre parole, la corteccia prefrontale non solo regola i segnali che i neuroni trasmettono ad altre aree del cervello e al corpo, ma permette anche di pensare e riflettere su ciò che stiamo facendo fisicamente. In particolare, essa consente di controllare le nostre reazioni emotive attraverso le connessioni con il nostro cervello limbico profondo; la corteccia prefrontale è l’unica area del cervello in grado di controllare le nostre emozioni e i comportamenti, aiutandoci a comprenderli. Ci aiuta a crescere come esseri umani, cambiando ciò che desideriamo cambiare e portandoci a vivere la vita che vogliamo.
Ciò che facciamo e pensiamo può letteralmente espandere o contrarre diverse regioni del cervello. Meglio quindi iniziare ad allenarci al pensiero felice, a guardare il lato positivo delle cose, riorientando il cervello non appena subentra un pensiero brutto. La mente ha la capacità di determinare come il nostro cervello si comporta e persino ciò che succede nella nostra vita. Vale allora la pena usare questa peculiarità a nostro vantaggio, per creare noi stessi la nostra realtà.
*fonte wakeup-world.com

Jacob Levi Moreno e lo PSICODRAMMA
Lo Psicodramma ha origine nel 1921 con Jacob Levi Moreno, psichiatra di origine rumena, che, nella Vienna degli anni venti, scopre l'efficacia che ha per la persona la rappresentazione scenica del suo "vissuto" passato, presente e futuro.
Tale messa in scena permette di avviare, in un contesto protetto e rassicurante, un dialogo percepibile, attivo e costruttivo fra i diversi aspetti della propria vita. La persona giunge così ad un più alto livello di coscienza di sè e di fiducia, e può accedere a modi maggiormente spontanei e creativi nel relazionarsi a sè e agli altri.
Moreno, sentiva contestualmente gli stimoli provenienti dalla sperimentazione teatrale, dall'interesse per la clinica e la psicopatologia e, non ultima, una forte motivazione al cambiamento sociale e alla difesa dei più deboli. Queste quattro diverse prospettive (filosofico/ideale, teatrale, clinica e sociale) sono elementi fondanti dello psicodramma.
È applicabile ai bambini ed agli adulti. Costituisce un mezzo privilegiato di espressione e simbolizzazione dei conflitti personali, oltre che per la rappresentazione e rielaborazione di situazioni conflittuali interpersonali. In alcuni ambiti è stato utilizzato non solo come tecnica psicoterapeutica, ma anche per la formazione, selezione e valutazione delle risorse umane. In questi casi si parla più correttamente di sociodramma, oppure di role playing o più genericamente di metodi attivi. Con quest'ultima espressione ci si riferisce all'applicazione e all'uso di una o più tecniche tra quelle ideate da J.L. Moreno.
In Europa lo psicodramma di J. L. Moreno si è evoluto sia partendo da un gruppo di psicoanalisti francesi (D. Anzieu e successivamente P.e G. Lemoine e altri), che lo hanno arricchito della teoria e delle tecniche psicoanalitiche, influenzate da Lacan, che nella versione classica elaborata da vari autori tra cui Gretel Leutz e Anne Ancelin Schutzenberger. Lo psicodramma psicoanalitico in Francia è utilizzato sia in setting individuale (G.Bayle, I.Salem, Ph Jeammet, J.J.Baranes e altri), sia in modalità gruppale (i citati D.Anzieu, Lemoine, e S.Lebovici, R.Kaes e altri).
In Italia attualmente esistono vari tipi di Psicodramma, con differenti regole e modalità esecutive-interpretative. Nello Psicodramma Psicoanalitico o Analitico (Luisa Mele, Elena Benedetta Croce e altri) prevale la dimensione verbale e interpretativa gruppoanalitica e l'azione scenica o corporea è limitata rispetto alla parola. Anche psicoanalisti come Musatti e Fornari si sono cimentati in un setting di psicodramma formato da un gruppo di psicologi al servizio di un solo paziente. Lo psicodramma classico, o "moreniano" è stato introdotto a Milano e nel nord Italia da Giovanni Boria e a Torino dal suo allievo Marco Greco. A Roma Ottavio Rosati, oltre a curare la traduzione italiana dei tre volumi dell'opera base di Moreno "Psychodrama" e di testi di Leutz, Anzieu, Yablonsky, ha introdotto la tecnica di Moreno nel mondo del teatro realizzando col Teatro Stabile di Roma e di Torino il primo psicodramma e il primo sociodramma tenuti su un palcoscenico italiano. Nello psicodramma a orientamento dinamico l'acting out teatrale e l'interazione scenica e fisica nel gruppo mantengono l'importanza stabilita da J. L. Moreno anche se basati su una attenta lettura analitica e dinamica dei fenomeni di gruppo. Un primato storico italiano alla storia dello psicodramma è la realizzazione del programma televisivo di O. Rosati "Da Storia nasce Storia" (sedici puntate per Raitre) che realizza un invito formulato da J. L. Moreno negli anni Cinquanta a interfacciare le tecniche attive di gruppo con i mass media di radio, cinema e televisione.
Per "Psicodramma Analitico" si può intendere quello di derivazione Junghiana ma anche quello psicoanalitico (Freudiano), chiamato analitico per brevità e per uso corrente.
Lo psicodramma è in relazione con altre forme di psicoterapia di gruppo, tra le quali si possono citare la Drammaterapia ed il Playback theatre.

https://it.wikipedia.org/wiki/Jacob_Levi_Moreno
http://www.costellazionifamiliariesistemiche.it/teoria/lo-psicodramma
https://www.youtube.com/watch?v=WUatRfXdbeg
https://www.youtube.com/watch?v=uZKAJCOxelg

Jacob Levi Moreno e il SOCIOGRAMMA
Il sociogramma di Moreno, anche chiamato rilevazione sociometrica, è un metodo di osservazione indiretta usato particolarmente nelle scienze dell'educazione e nelle analisi sociali. Il questionario sociometrico serve per analizzare la posizione di un individuo all'interno di un gruppo, fornire informazioni sulla situazione del gruppo e individuare i leader e gli emarginati.
La metodologia può essere utilizzata per l'analisi di piccoli gruppi finalizzati, cioè gruppi nei quali i componenti hanno uno scopo comune. Il termine sociometria è creato da Jacob Levi Moreno, psicologo sociale e ufficiale medico, nel 1916. La sociometria è la scienza che misura un certo tipo di comportamento interpersonale. Si poggia sulla comune osservazione che, oltre lo scopo da raggiungere, un gruppo ha una struttura psicosociale non evidente e ufficiale, ma comunque viva, reale e dinamica.
La tecnica, quindi, non si occupa direttamente dei comportamenti manifesti, ma si avvale di un questionario per scoprire le relazioni interpersonali tra i componenti di un gruppo. Il fine del questionario è quello di evidenziare la struttura psicosociale dei gruppi e di trascriverla in maniera oggettiva. Questo metodo mette in luce le attrazioni e le repulsioni che ci sono tra i vari componenti di un gruppo, attraverso quattro item che chiedono a questi ultimi di esprimere la propria opinione in termini di rifiuto, di scelta o di indifferenza nei confronti degli altri componenti. Il questionario consiste nel chiedere a tutti i membri di indicare in ordine decrescente di preferenza i compagni con i quali vorrebbero svolgere un'attività specifica (prima domanda) e al contrario con chi non vorrebbero assolutamente associarsi (seconda domanda). Nel questionario sono contenute anche due domande di carattere percettivo, in cui ai soggetti viene chiesto di esprimere da quali degli altri soggetti pensano di essere stati selezionati e da quali no (terza e quarta domanda).
http://www.edscuola.it/archivio/psicologia/sociogramma.htm

Thomas Gordon e la COMUNICAZIONE EFFICACE
La comunicazione efficace di questi tempi è sempre più importante dato che ha preso mille ed una forma e cerca di soddisfare innumerevoli bisogni. Comunicare è vita, e chi lo sa fare per bene avrà dalla sua la possibilità di vivere una vita piena di possibilità.
Thomas Gordon ha speso tutta la sua esistenza ad insegnare il segreto della felice comunicazione, unico modo per la risoluzione di conflitti fra genitori e figli, insegnanti e studenti, dirigenti e dipendenti, donne e uomini, giovani ed anziani, venditori ed acquirenti.
A rendere famoso lo psicologo americano ha contribuito il metodo da lui stesso creato, un sistema completo ed integrato non solo per la creazione, ma anche per il mantenimento di relazioni efficaci. D’altronde i conflitti secondo Thomas Gordon non si possono risolvere con l’uso di tecniche coercitive, che hanno semplicemente l’effetto di danneggiare irreparabilmente le relazioni: molto meglio la comunicazione utilizzata nella dovuta maniera.
Il metodo Gordon
Un buon comunicatore, secondo il metodo Gordon deve essere in possesso di alcune competenze fondamentali:
l’ascolto attivo;
il messaggio io.
Entrambe le tecniche sono oggi ampiamente conosciute ed utilizzate in tutto il mondo, nate entrambe dopo il 1950 ed impiegate ad esordio all’interno di organizzazioni imprenditoriali. Solo nel 1962 Gordon rivede il metodo adattandolo al rapporto genitori figli e portando avanti una serie di corsi ampiamente frequentati che insegnarono ad un’intera generazione di padri e madri a comunicare con i propri ragazzi.
L’ascolto attivo
E’ una tecnica tanto semplice quanto indispensabile per la buona comunicazione. Non si tratta semplicemente di star zitti ed ascoltare. Chi ascolta attivamente lo fa con gli occhi, con la mente e con il cuore e comunica a chi parla che ciò che in quel momento l’altro dice, è importante per l’ascoltatore.
Gli step grazie ai quali si comunica all’interlocutore l’ascolto attivo sono 4:

- ascolto passivo durante la fase iniziale. L’ascoltatore lo fa in silenzio e non interrompe; in questo modo fa sapere all’interlocutore che si è interessati all’argomento e predisposti per l’ascolto;
- messaggi di accoglimento verbali e non verbali. “Sto cercando di capire” o “Ti ascolto” sono frasi importanti da utilizzare, ma non devono mancare nemmeno cenni del capo, sorrisi e sguardi che comunicano palesemente la propria attenzione;
- inviti all’approfondimento. Si tratta chiaramente di messaggi verbali che incoraggiano chi parla ad approfondire l’argomento senza che l’ascoltatore giudichi o commenti quel che è stato detto. “Spiegami meglio” o “Dimmi” sono frasi che si dovrebbe utilizzare spesso;
- l’ascolto attivo è l’ultimo step durante il quale chi ascolta ripropone il contenuto del messaggio condiviso dall’altro con parole diverse. In questa fase però non entrano in gioco solo le parole, ma anche le emozioni ed i sentimenti.
Esistono inoltre altre manifestazioni importanti che comunicano l’ascolto attivo. L’empatia è forse la più importante: ci si immedesima nell’altra persona per coglierne i pensieri e gli stati d’animo. Questo permette di condividere emotivamente la sua esperienza pur non perdendo il senso della propria identità.
Altro aspetto importante è la considerazione positiva incondizionata che indica una globale accettazione della persona, pur nel caso in cui questa abbia valori e atteggiamenti diversi dai nostri: in questo caso l’interlocutore non verrà giudicato e quel che eventualmente si metterà in discussione non sarà tanto la persona quanto piuttosto il suo comportamento.
Infine non da meno la congruenza con se stessi. Ciò non significa assumere un atteggiamento difensivo quanto piuttosto agire in maniera tale da riflettere quel che si sente dentro.
Il messaggio io
Grazie alla tecnica del messaggio io, gli interlocutori non si sentono né colpevolizzati, né giudicati, e in questo modo possono ascoltare i bisogni degli altri con maggiore attenzione, ragionando sulle conseguenze a cui portano le proprie azioni.

Gli step della tecnica del messaggio io sono ancora una volta 4:
si inizia descrivendo quel che si prova con un semplice “Io mi sento”;
si prosegue descrivendo il comportamento dell’altro che crea il problema con un “Quando tu”;
si specifica in che modo il comportamento è legato all’emozione con un semplice “Perché”;
infine si esprime ciò che si desidera con un universale “Io voglio”.
Con la frase “Io mi sento triste – Quando non mi ascolti – Perché mi sento ignorato – E vorrei che tu mi considerassi di più” si otterranno sicuramente più risultati che non utilizzando la tecnica messaggi tu “E’ colpa tua – Quando tu non mi ascolti – Perché mi sento ignorato – Tu sei un egoista”. Nell’ultimo caso l’interlocutore si offenderà, o si arrabbierà e probabilmente attiverà un atteggiamento di difesa che interferirà con la comunicazione.
Utilizzare la tecnica del messaggio io è indispensabile quando si attraversa una situazione di difficoltà dettata dall’altrui atteggiamento. Grazie alla tecnica del confronto si condividono quelli che si reputano atteggiamenti inaccettabili e con semplicità si comunica all’altro come ci si sente in un determinato momento. Il pregio della tecnica è quello di non valutare direttamente la persona, ma la sua azione: non “tu sei”, ma “io sento”.
Comunicazione: le 12 barriere da abbattere
Il metodo Gordon inoltre mette in mostra ben 12 barriere alla comunicazione: si tratta di atteggiamenti che caratterizzano il non ascolto e che in un certo senso limitano il potenziale della comunicazione. Per questo vanno limitate ed evitate il più possibile. Eccole di seguito:

Ordinare, esigere
Minacciare
Fare la morale
Dare soluzioni già pronte
Persuadere con argomentazioni logiche
Giudicare, disapprovare, criticare
Fare complimenti e approvare immeritatamente
Umiliare, ridicolizzare
Interpretare, analizzare i comportamenti altrui
Consolare, minimizzare
Cambiare argomento
Indagare, interrogare

Thomas Verny e la VITA SEGRETA PRIMA DELLA NASCITA
Thomas Verny, M.D. è psichiatra e fondatore, nonché presidente, della Pre e Peri-Natal Psychology Association of North America. Per quattro anni è stato direttore del Pre e Peri-Natal Psychology Journal, rivista ufficiale dell’Associazione.
E’ un pioniere nel campo della medicina pre e perinatale ed è autore di diverse opere.
Thomas Verny nel suo libro, Vita segreta prima della nascita, affermava: “Il bambino è ben conscio di come nasce; infatti, egli sente la gentilezza, la tenerezza, il contatto dolce e affettuoso e reagisce a tutto questo come reagisce in modo opposto, alle luci troppo intense, ai rumori dell’ambiente, al contatto con le apparecchiature e all’ambiente freddo e impersonale” (Verny T., 1981).
Questo libro affronta il tema della nuova esistenza che si sviluppa nel grembo materno non solo come entità fisica, ma soprattutto come un 'Io' complesso, mettendo in discussione gran parte di ciò che si sa - o si crede di sapere - sulla formazione intellettuale ed emotiva del nascituro e del neonato, sulle origini del disadattamento e del comportamento sessuale, sull'influenza dei genitori e sull'efficacia dell'ostetricia moderna. Esso sintetizza le più recenti scoperte cliniche e scientifiche che riguardano il periodo che precede la nascita, compresa l'opera pionieristica di uno dei due autori - T.R. Verny - nel campo della psicologia prenatale. Il volume mostra che i genitori possono influire sullo sviluppo emotivo dei loro figli già prima che questi vengano al mondo. Fin dal sesto mese di vita prenatale - e probabilmente anche prima - il nascituro pensa, sente, sperimenta, ricorda e agisce all'ambiente. L'esperienza della nascita può inoltre modellare il futuro carattere del bambino sotto molti aspetti. ....

http://www.anpep.it/public/site/15%20art_vissuto_nascita.pdf

Thomas Jenuwein e l’EPIGENETICA
Spagna:uno studio ha preso in esame 80 coppie di
gemelli monozigoti, maschi e femmine, con un range di
età dai 3 ai 74 anni, di età media di circa 30 anni. I
ricercatori hanno riscontrato differenze epigenetiche
significative in circa un terzo delle coppie di gemelli, e
che la discordanza cresceva con il crescere dell’età e
con la diversificazione delle abitudini e degli ambienti di
vita (Fraga, 2005)

L’epigenoma è l’insieme delle modifiche ereditabili al materiale genetico che avvengono senza cambiamenti della sequenza del Dna. A coniare il termine fu il biologo inglese Conrad Waddington, nel 1942, che parlava di “paesaggio epigenetico” per descrivere lo sviluppo dei vari tessuti di un organismo a partire dalle stesse informazioni genetiche. Faceva il paragone con un insieme di sassi che, rotolando giù da una collina, possono arrivare in fondo per tanti sentieri diversi. 
Thomas Jenuwein, un biologo tedesco, ha scritto “La differenza tra genetica ed epigenetica può essere paragonata alla differenza che passa fra leggere e scrivere un libro. Una volta scritto il libro, il testo (i geni o le informazioni memorizzate nel DNA) sarà identico in tutte le copie distribuite al pubblico. Ogni lettore potrà tuttavia interpretare la trama in modo leggermente diverso, provare emozioni diverse e attendersi sviluppi diversi man mano che affronta i vari capitoli. Analogamente l’epigenetica permette interpretazioni diverse di un modello fisso (il libro o il codice genetico) e può dare luogo a diverse letture, a seconda delle condizioni variabili con cui il modello viene interrogato”
Spesso si parla anche di geni che vengono “accesi” o “spenti” da particolari fattori ambientali. Il modo in cui il DNA è ripiegato, la sua conformazione spaziale, sono uno dei fattori che influiscono sull’espressione dei geni. Un altro è la sua modificazione biochimica: alcuni gruppi chimici si attaccano come etichette alla molecola del DNA e influenzano l’espressione dei geni, un processo che si chiama metilazione. I geni attivi, a  loro volta, non sono automaticamente espressi, ma la loro attività può essere influenzata da particolari “fattori di trascrizione”. Fino a non molto tempo fa si pensava che le modifiche di tipo epigenetico fossero attive solo durante la fase dello sviluppo embrionale che portava alla differenziazione dei vari tessuti. Oggi si sa che sono attive anche durante molte fasi della vita, durante lo sviluppo del feto, alla nascita e anche nell’età adulta, e che diversi fattori ambientali possono innescarle.
È stato osservato che diversi processi di apprendimento e di memoria sono coinvolti cambiamenti epigenetici. In studi su topi è stato osservato che la presenza o l’assenza di cure materne può attivare o disattivare l’espressione di certi geni coinvolti nella risposta allo stress. Ma anche fattori ambientali, come l’obesità della madre, l’alimentazione, l’esposizione a pesticidi possono influenzare e dirigere l’espressione di particolari geni e probabilmente influire con meccanismi di tipo epigenetico sullo sviluppo dei figli.
È stato osservato che all'origine di alcune forme di cancro possono esserci cambiamenti epigenetici, cioè nel modo in cui viene letta la sequenza del DNA, senza che ci siano alterazioni dei geni.

Bruce Lipton e l’epigenetica
Bruce Lipton Ph.D. è un'autorità mondiale per quanto concerne i legami tra scienza e comportamento. Biologo cellulare, ha insegnato Biologia Cellulare presso la facoltà di Medicina dell'Università del Wisconsin e si è dedicato in seguito a ricerche pionieristiche alla School of Medicine della Stanford University.
Durante il periodo in cui Bruce Lipton, Ph.D, lavorava come ricercatore e professore alla scuola di medicina, fece una sorprendente scoperta sui meccanismi biologici attraverso i quali le cellule ricevono ed elaborano le informazioni: infatti, piuttosto che controllarci, i nostri geni sono controllati, sono sotto il controllo di influenze ambientali al di fuori delle cellule, inclusi i pensieri e le nostre credenze.
Fino alla scoperta dell'epigenetica, si credeva che il nucleo di una cellula, contenente il DNA, fosse il "cervello" della cellula stessa, del tutto necessario per il suo funzionamento. Di fatto, come hanno scoperto Lipton ed altri, le cellule possono vivere e funzionare molto bene anche dopo che i loro nuclei siano stati asportati. Il vero "cervello" della cellula è la sua membrana, che reagisce e risponde alle influenze esterne, adattandosi dinamicamente ad un ambiente in perpetuo cambiamento. Che cosa significa questo per noi, quali collezioni di cellule chiamati esseri umani? Man mano che incrociamo le diverse influenze ambientali, siamo noi a suggerire ai nostri geni cosa fare, di solito inconsciamente. I carboidrati ci fanno ingrassare? Sì,se lo crediamo. Saremo amati, avremo successo nel lavoro, saremo ricchi? Se ci crediamo, lo saremo.
https://www.youtube.com/watch?v=nnkHsVVGuDI

Bruce Lipton ci parla di Ipnosi e Psych K Tecniche di riprogrammazione dell'inconscio
https://www.youtube.com/watch?v=5WWXvOh_A6M

Rob Williams e il metodo Psych-K
PSYCH-K non è composto da un solo strumento, non è composto da un solo processo, ci sono molti processi detti bilanciamenti. Un bilanciamento è un'attività: a volte sono posture statiche, altre sono posture dinamiche, oppure un'interazione tra persone attraverso l'energia e punti sul corpo.
C'è un intero complesso di possibilità, possiamo pensarlo come ad un menù, come un menù psicologico
https://www.youtube.com/watch?v=JxIS7NVDZZ8

http://www.ieyes.org/


David Chamberlain e la “consapevolezza” neonatale
David Chamberlain, medico e psicologo, presidente dell'APPPAH, editore della <birthpsychology.com> sulla rete Internet e autore di più di trenta pubblicazioni scolastiche, ha ricevuto il PhD all'università di Boston. Il suo lavoro è stato lodato da Frederick Leboyer, dal famoso antropologo Ashley Montagu, dall'educatrice Sheila Kitzinger, da Thomas Verny autore di Le coccole dei nove mesi, da David B. Cheek, ostetrico e pioniere nel campo dell'ipnosi e dai suoi colleghi in tutto il mondo.

I neonati sono creature socievoli, in grado di instaurare relazioni molto strette, di esprimersi in maniera marcata, di indicare le proprie preferenze e di esercitare il proprio ascendente sulle persone con cui vengono in contatto. Hanno cioè un’attività mentale evoluta, che conferma la loro possibilità di ricordare dettagli relativi al momento della nascita. 
David Chamberlain, nel libro “I bambini ricordano la nascita”, dimostra come i neonati siano esseri consapevoli e in grado di percepire il mondo che li circonda in modo estremamente raffinato. Non solo sono coscienti della propria nascita, ma possono sentire mentre sono ancora nel grembo materno.

STEPHEN PORGES e LA TEORIA POLIVAGALE
La Teoria Polivagale non è una teoria sulla salute mentale, ma è un modello che può essere applicato alla salute in generale, all’oncologia alle malattia autoimmuni, alla fibromialgia e naturalmente a disturbi psicologici. Si tratta in sintesi di una teoria su legame mente-corpo, che si propone di spiegare i meccanismi neurofisiologici sottostanti questa interazione.

Buongiorno Dr. Porges, la prima cosa che vorrei chiederle è come è nata l’idea della traduzione italiana del suo volume “La Teoria Polivagale”, già presente in inglese e tedesco da qualche anno?

La traduzione italiana è stata curata da Vittoria Ardino, attuale presidente della Società Italiana per lo Studio dello Stress Traumatico (SISST), che è di Milano ma vive e lavora a Londra presso la London Metropolitan University. Il nostro primo incontro è avvenuto a Bologna, dove mi ha invitato lo scorso Giugno per presentare il libro, ma la nostra collaborazione è iniziata circa un anno prima, periodo in cui ha portato avanti il lavoro di traduzione. La Dott.ssa Ardino inoltre ha fondato una rivista italiana specializzata sul trauma – l’International Journal of Multidisciplinary Trauma Studies – e il mio contatto con lei è nato dall’avvio di questo progetto e dal suo interesse per i temi di cui mi occupo.

Nella prima parte del suo libro racconta la nascita della Teoria Polivagale attraverso i 40 anni di studi e ricerche, grazie ai quali oggi possiamo avvalerci di informazioni importantissime sul funzionamento del nostro sistema nervoso autonomo. Una prima domanda è dunque sulla differenza tra la teoria “classica” del sistema nervoso autonomo, basata sull’idea del dualismo antagonista, e la sua Teoria Polivagale. Quali le principali differenze?

Il paradigma classico e più diffuso vede il sistema nervoso come un’alternanza tra due sistemi principali tra loro in competizione, il sistema simpatico e il sistema parasimpatico. In questo approccio il sistema simpatico è responsabile della nostra reattività (attacco/fuga) e dunque della nostra sopravvivenza, mentre il parasimpatico (vagale) ha un ruolo protettivo di riduzione dell’arousal e recupero dell’omeostasi. Questo è come è stato pensato e studiato negli anni, determinando una maggiore attenzione ed enfasi sul ruolo del simpatico nell’attivare le nostre risposte allo stress e una minor attenzione nel comprendere le funzioni specifiche del sistema parasimpatico. Anche se il dualismo antagonista della visione “simpato-centrica” spiega bene il funzionamento di alcuni organi specifici a livello locale, non costituisce un modello esaustivo per spiegare come noi esseri umani reagiamo alle sfide del mondo.
Il problema vero è: l’iper-reattività è davvero l’unico modo di cui disponiamo per difenderci? Nello studio di come il nostro sistema nervoso reagisce è importante considerare prima di tutto che il modo in cui rispondiamo alle sfide ambientali ci viene dalla nostra evoluzione come specie e questa cornice è la prima differenza tra “dualismo antagonista” e Teoria Polivagale. La cornice filogenetica permette di considerare le risposte del sistema nervoso come un’organizzazione per livelli gerarchici seguendo il concetto di dissoluzione che Jackson (1958) ha utilizzato per le malattie del sistema nervoso derivanti da danno cerebrale. Secondo questo principio i circuiti più evoluti del sistema nervoso inibiscono quelli più primitivi e solo quando i circuiti più nuovi falliscono, allora intervengono i più antichi.
Il sistema nervoso autonomo dell’uomo lavora nello stesso modo: utilizza dapprima le risposte adattive che vengono dai gradini più recenti della nostra evoluzione, ma quando queste non servono più a metterci al sicuro, utilizza via via le risposte più primitive, seguendo a ritroso la storia evolutiva della nostra specie. Perciò quello che diventa davvero importante nella Teoria Polivagale è la nozione stessa di “nuovo circuito” in senso filogenetico, perché riguarda proprio il modello di funzionamento e la struttura stessa del sistema vagale.
Esistono due principali branche del sistema parasimpatico appartenenti a periodi diversi della nostra storia filogenetica: un circuito vagale più nuovo e mielinizzato (ventrovagale) che ha fibre afferenti agli organi sopra-diaframmatici e che guida i muscoli del volto, della faringe, dei polmoni, del cuore e determina la nostra capacità di esprimere le emozioni con il volto, la voce, la prosodia e il respiro; poi c’è un circuito vagale più antico (dorsovagale) che ha fibre afferenti agli organi sotto-diaframmatici e che ha un ruolo importante del mantenere l’omeostasi e il controllo delle funzioni viscerali di base (stomaco, intestino tenue, colon e vescica).
In condizioni di pericolo il circuito ventrovagale ha un effetto calmante sul cuore, riduce la reattività simpatica e promuove comportamenti di ingaggio sociale, mentre al contrario questo secondo circuito più antico in condizioni di pericolo ha un’unica risposta difensiva da mettere in campo: il collasso (shut down), risposta che abbiamo ereditato dai rettili ma che può essere potenzialmente letale oggi nell’uomo. Dunque la Teoria Polivagale pone l’enfasi sull’esistenza di due circuiti vagali, anziché uno unico, sull’importanza della relazione gerarchica tra loro e sull’importanza di considerare tutte le risposte difensive come adattive di fronte alle sfide ambientali: esiste dunque una reazione simpato-adrenergica, responsabile delle nostre risposte di mobilizzazione (attacco/fuga), ma c’è anche una rezione dorsovagale che quando è attiva in condizioni di sicurezza ha il ruolo fondamentale di mantenere l’omeostasi, consentendo ad esempio i comportamenti riproduttivi, ma che può diventare pericolosa se usata come reazioni di difesa primaria.
Quello che la Teoria Polivagale vuole sottolineare in sintesi è che quando il nostro sistema nervoso autonomo è continuamente impegnato in attività difensive, come può accadere in situazioni traumatiche o di stress prolungato, queste stesse possono diventare potenzialmente dannose per la nostra salute fisica e mentale poiché viene a mancare in modo cronico l’equilibrio tra le diverse branche del sistema nervoso autonomo.

Può spiegarci il “paradosso del vago” come stimolo intellettuale allo sviluppo della sua teoria?

Il paradosso del vago è stato un grande spunto per me per provare a risolvere la questione di come il vago potesse avere la meravigliosa funzione di favorire comportamenti “vitali” di affiliazione, socialità e protezione per l’uomo e contemporaneamente quella di determinare lo svenimento o in certi casi addirittura la morte. Dalla lettera di un neonatologo ricevuta nel 1992, in cui mi poneva questa domanda venutagli dall’osservazione dei neonati prematuri in cui si è trovato di fronte a questo paradosso, ho iniziato quindi a studiare l’impatto dell’attività vagale sul cuore, cercando di approfondire quando questa potesse proteggerlo e quando divenire potenzialmente letale: era giusto pensare che “una certa quantità di attività vagale fosse buona per l’uomo, ma che troppa diventasse letale”, o c’erano diversi circuiti coinvolti?
L’unica risposta possibile è stata quella di studiare per moltissimi mesi in biblioteca, cercando di ricostruire i cambiamenti evolutivi avvenuti nel sistema nervoso autonomo nel corso dell’intera catena evolutiva, dai rettili ai noi. Da questo approfondimento è emersa la conferma dell’esistenza di due branche del vago, provenienti da due periodi diversi di evoluzione ma entrambi presenti nei mammiferi.
L’altra considerazione, venuta più tardi, è stata che se è vero che la parte più nuova del nostro sistema nervoso autonomo funziona ad un livello gerarchico superiore, consentendoci di mettere in atto comportamenti positivi e pro sociali in condizioni di sicurezza, è vero anche che esiste un sistema di sopravvivenza più antico che lavora “sotto” in equilibrio con il sistema simpatico. Non è mai stata mia intenzione minimizzare l’importanza del sistema difensivo simpatico rispetto a quello vagale, le risposte simpatiche non sono “il nemico”, ma credo sia importante considerarle in una relazione di omeostasi e di equilibrio con l’attività del vago dorsale più antico per capire a fondo la complessità delle nostre risposte alle sfide ambientali.

Nella lettura del suo libro i primi capitoli sono fondamentali per entrare nella cornice teorica che viene presentata e molto ben dettagliata, ma ho trovato molto interessante la terza parte in cui approfondisce alcuni aspetti clinici. In che modo conoscere e approfondire la prospettiva polivagale può essere utile a noi terapeuti?

Quello che dico di solito a chi compra il mio libro è proprio di iniziare dalla terza parte e poi tornare via via indietro  a cercare i fondamenti teorici delle osservazioni e delle ricerche condotte sui pazienti.Innanzitutto c’è da dire che la prospettiva polivagale non nasce come una teoria focalizzata e pensata su categorie diagnostiche, ma è piuttosto focalizzata sul riconoscere l’espressione comportamentale di caratteristiche fisiologiche, che hanno alcuni punti centrali in comune – tra tantissime differenze – con molti disturbi psicopatologici.
Il primo punto centrale è il concetto di regolazione fisiologica, che come clinici siete abituati a chiamare comportamenti di regolazione o disregolazione emotiva. L’osservazione clinica in psicoterapia permette di notare cambiamenti repentini nell’espressione delle emozioni, ad esempio il passaggio da un’espressione neutra ad una arrabbiata, e di osservare in vivo i comportamenti di autoregolazione che vengono messi in atto per ritornare ad una condizione di equilibrio.
Un aspetto su cui può essere utile focalizzarsi come terapeuti è l’intonazione della voce nel dialogo clinico, poiché sappiamo dalla neurofisiologia che la nostra attenzione come esseri umani è più focalizzata sulla prosodia che sulle parole utilizzate. All’interno di un dialogo riusciamo a cogliere intuitivamente che le frequenze più alte sono associate alla presenza di ansia e paura e che la presenza di toni bassi e volume alto sono associati solitamente a rabbia e aggressività. Anche i pazienti dunque sono portati a giudicare costantemente lo stato emotivo del terapeuta ascoltando innanzitutto l’intonazione della sua voce, come espressione della sua regolazione interna (neurocezione).
Potrebbe essere utile sapere che quello che davvero guida l’interazione è questo rapporto diadico tra la propria neurocezione e quella dell’altro, in un costante rimando di feedback che regolano l’affettività e promuovono sensazioni di sicurezza e fiducia. Da questo deriva un terzo aspetto importante legato al ruolo possibile del terapeuta come co-regolatore della stato emotivo e mentale del paziente; quando questo scambio avviene in modo positivo e adattivo, la co-regolazione degli stati emotivi favorisce l’emergere di nuove e incredibili capacità prima inesplorate e credo che gran parte del processo terapeutico abbia molto a che fare con questo.

Cosa intende quando parla di “Sindrome polivagale”?

Ho cercato di decostruire la Teoria Polivagale e di individuare 4 differenti cluster che possano definire una progressione di sintomi in relazione alle risposte fisiologiche interne. Il dato da osservare è quando il sistema ventrovagale mielinizzato tende a spegnersi e accendersi durante un’interazione e lasciare spazio a momentanee risposte più o meno intense, per poi tornare ad una condizione di equilibrio. Questo andamento “on/off” del sistema vagale ventrale è molto frequente anche in una popolazione sana.
Un primo cluster patologico si può osservare quindi quando c’è un’attenuazione del sistema di coinvolgimento sociale, e dunque una riduzione dell’attività vagale ventrale, che si manifesta con un’espressione del volto piatta, in particolare nella parte superiore dei muscoli orbicolari, bassa reattività e un’elevata sensibilità ai suoni. Il secondo cluster è caratterizzato invece da elevata reattività e mobilitazione direttamente correlate all’attività del sistema simpatico: qui si osservano una regolazione atipica dello stato emotivo con rapidi shift tra calma e reattività e uno stato di ipervigilanza tipico dei disturbi d’ansia e dei comportamenti impulsivi.
Il terzo cluster è caratterizzato dall’alternanza tra sistema simpatico e dorsovagale e si manifesta con una vulnerabilità al collassamento e alla dissociazione. Si manifesta con episodi di ipotensione, assenze o restringimenti dello stato di coscienza, fibromialgie, problemi intestinali e comportamenti di ridotta mobilizzazione. L’ultimo cluster è quello della dissociazione vera e propria che si manifesta con il collassamento cronico (shut down) determinato dall’attivazione del sistema dorsovagale, come risposta difensiva generalizzata a diverse situazioni di stress o di pericolo percepito. Questo ultimo cluster è molto frequente in persone vittime di abuso o di violenze e si tratta di una risposta estrema di difesa ad una minaccia potenzialmente letale.
Quando il trauma è relazionale, ogni essere umano può essere percepito come fonte di estremo pericolo. Capire cosa nell’ambiente stimola questa reazione è una chiave importante nella relazione con questi pazienti e rende possibile il lavoro terapeutico per evitare a tutti i costi che questa reazione molto dannosa si inneschi, a favore di un maggior coinvolgimento del sistema ventrovagale.

Una delle parti più interessanti nel suo recente convegno tenutosi a Milano, e molto ben descritta anche nel libro, è quella in cui ha raccontato la capacità di alcuni muscoli dell’orecchio nel regolare le risposte fisiologiche ed emotive. Può spendere qualche parola su questo?

L’evoluzione del nostro sistema nervoso ha portato alla formazione di circuiti neurali presenti nell’orecchio medio, deputati a riconoscere in modo preferenziale le frequenze associate alla voce umana e a distinguerle tra frequenze positive e calmanti e frequenze ansiogene e/o minacciose; la percezione delle differenti frequenze è in grado di attivare in modo diretto il sistema nervoso e di produrre comportamenti di risposta correlati alla frequenza percepita. Le frequenze più vantaggiose favoriscono la contrazione dell’orecchio medio che attiva il sistema ventrovagale, favorendo un’esperienza di calma e sicurezza nella relazione con l’altro; al contrario frequenze molto alte che non attivano l’orecchio medio sono identificate come dolore o pericolo imminente, mentre quelle troppo basse sono identificate come “presenza di predatore” e attivano risposte di fuga
Per saperne di più: http://www.stateofmind.it/2014/12/stephen-porges-intervista-teoria-polivagale/

Che cosa sta impedendo lo sviluppo dei bambini?
di Joseph Chilton Pearce - 15/07/2008
Secondo Joseph Chilton Pearce, la marcia verso il progresso tecnologico potrebbe trasformarsi in una processione funebre per la nostra specie.
Il famoso scrittore (L’incrinatura nell’uovo cosmico, Magical Child, Evolution’s End, The Biology of Transcendence) nonché conferenziere apprezzato a livello internazionale, ritiene che le moderne tecniche educative siano solo una delle molte cause che impediscono la realizzazione del nostro potenziale di esseri umani. Sebbene l’evoluzione ci abbia dotato di straordinarie capacità, queste ultime, secondo Pearce, restano latenti e inutilizzate perché stiamo bloccando il nostro sviluppo naturale.
Il fatto che lo sviluppo degli esseri umani avvenga per stadi – sia fisicamente che psicologicamente – non è nulla di nuovo. Le teorie moderne prevedono stadi di sviluppo fino all’età adulta, quando – almeno secondo i libri di testo – abbiamo praticamente realizzato il nostro programma biologico.
Nel suo libro, The Biology of Transcendence, Pearce argomenta che la natura ci permette di svilupparci anche in fase adulta, ma solo in maniera sequenziale. Tuttavia, quando raggiungiamo l’età matura, siamo già azzoppati da fatti come la nascita in un ospedale asettico, l’assistenza di una baby-sitter, la televisione, un’istruzione accelerata e una dieta satura di ormoni della crescita.
Sostenendo che l’unico fattore che impedisce il completamento di tre miliardi di anni di evoluzione è la nostra ignoranza, Pearce considera l’educazione nell’accezione più vasta possibile. Se egli ha ragione, il vero sovraffollamento non è quello delle nostre scuole, ma delle idee sbagliate nella nostra mente. Segue un’intervista a Pearce.

http://www.rosazzurro.name/Scuola/Pearce.pdf

James W. Prescott e la deprivazione sensoriale
E 'generalmente noto che la privazione di stimoli sensoriali come la voce e la visione nelle prime fasi della vita umana provoca ritardo mentale irreversibile nel bambino. Anche la prevenzione di un gioco da ragazzi provocherà deficit intellettivi nell'adulto. Ma gli occhi, le orecchie e il naso non sono gli unici sistemi sensoriali umani.
Inoltre ci sono i due sistemi di sensori corpo, i "somatosensori". Uno è il sensore vestibolare per mantenere l'orientamento e camminare in posizione eretta. L'altro è la pelle, per il rilevamento tocco.
Attraverso il lavoro di James W. Prescott, Ph.D. e vari altri fino alla metà degli anni 1970 è stato stabilito che questi sensi in precedenza trascurati sono di enorme importanza per lo sviluppo di abilità sociali per la vita adulta. La loro privazione nell'infanzia è una delle principali cause della violenza degli adulti.
James W. Prescott, Ph.D., è stato direttore presso l'Istituto Nazionale di Salute del Bambino e lo Sviluppo Umano (NICHD), uno degli istituti dei National Institutes of Health (NIH) dal 1966 al 1980. Egli ha creato e diretto il Programma di Biologia dello sviluppo comportamentale al NICHD dove ha avviato programmi di ricerca NICHD che documentavano come la mancanza dell’amore materno nei cuccioli di scimmia pregiudica lo sviluppo biologico del loro cervello. Questi cambiamenti cerebrali anormali che derivano dalla separazioni madre-bambino, sono alla base dei comportamenti di depressione, discontrollo degli impulsi e la violenza.
Questi effetti comportamentali sono stati confermati nei suoi studi sulle culture primitive, tra cui gli effetti della deprivazione sensoriale di piacere sessuale umano e affettivo durante l'adolescenza. I risultati di questi studi scientifici hanno confermato che il rapporto con la madre e le relazioni sessuali affettive giovanili sono alla base di comportamenti pacifici e amorevoli. ha concluso che le culture più pacifiche della Terra sono caratterizzate da genitori che mantengono un ampio contatto fisco e amorevole con i propri figi (ad esempio portando i neonati sul petto o sulla schiena per tutta la giornata). Inoltre queste culture non reprimono la sessualità degli adolescenti, vedendola piuttosto come uno stato naturale dello sviluppo che li prepara a relazioni adulte di successo. Prescott ha scoperto che i bambini (e gli animali) che non sperimentano un contatto amorevole sono incapaci di inibire gli ormoni dello stress, incapacità foriere di comportamento violento. Egli afferma “Come neuropsicologo dell’età evolutiva ho dedicato una grande quantità di studio alla peculiare relazione tra violenza e piacere, e adesso sono convinto che la deprivazione del piacere sensoriale fisico sia la principale causa profonda della violenza” (Body pleasure and the origins of violence 1975 riportato in Bruce Lipton- L’effetto luna di miele 2013- p.123)
Potenziamento individuale, genitorialità consapevole e pace planetaria sono connesse tra loro, come numerose fondate ricerche hanno ormai dimostrato.
Su questo sito web, è possibile leggere tutta la storia. Qui potete leggere una breve storia della ricerca del Dott Prescott e il testo completo dell'articolo rivoluzionario "Piacere del corpo e le origini della violenza", guardare video, consultare l'archivio completo di articoli scientifici e visitare siti web legati.
http://violence.de/
http://www.nontogliermiilsorriso.org/drupal/articoli-vari/le-origini-dellamore#.Vi3fUX4vfIU

Citazione dal libro: ESSENZA di A. H. Almaas
I domini di esperienza della personalità sono quelli della mente, del cuore e del corpo, e delle energie che li alimentano. Questo è il motivo per cui tutti considerano questi aspetti dell’esperienza come la cosa più importante. Se la personalità non facesse quest’assunzione, dovremmo riconoscere che essi non sono la cosa più importante, il centro della nostra vita. Questo riconoscimento equivale per la personalità alla morte. Di fatto questa, o meglio, la morte della convinzione della personalità di essere l’unica cosa reale, è il prerequisito indispensabile perché l’essenza possa essere scoperta e divenire il centro della propria esistenza.
.........Gurdjieff chiamò “essenza” la parte reale di noi, la parte che può avere l’esperienza dell’”Io sono”. Definì l’essenza come la parte di noi che nasce con noi e non è il risultato dell’ambiente o dell’educazione.
Così nell’esperienza della presenza, ciò che è presente è l’essenza, la nostra vera natura, che è indipendente da ogni condizionamento. Presenza ed essenza sono una cosa sola. Abbiamo parlato della presenza, per avere un assaggio dell’essenza. Abbiamo visto che l’essenza è quella parte di noi che può avere l’esperienza dell’”Io sono”. L’essenza è l’esperienza diretta dell’esistenza. Naturalmente, l’essenza può essere esperita in altri modi, sotto forma di amore, di verità, di pace, ecc. ma la sensazione dell’esistenza è la caratteristica fondamentale. E’ l’aspetto più chiaro e definito che distingue l’essenza da tutte le altre categorie di esperienza. L’essenza è, e questa è la più fondamentale tra le caratteristiche.

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